Carletto Romeo
“Un tempo che fu” di Anton De Lasbàr
Seduti su una panchina del lungomare,
Anton e Geppo, il suo cane fedele,
respirano l’aria salmastra che accarezza il viso,
nel crepuscolo di una vita ormai avanzata.
Il caldo di fine giugno si fa sentire,
la bella stagione è nel suo pieno splendore.
Orde di ragazzi e ragazze passano ridendo,
mentre Anton volge lo sguardo ai giorni andati,
i ricordi sbiaditi di un tempo che fu.
Geppo, il vecchio compagno,
segue con gli occhi una cagnolina,
ma il corpo stanco desiste dal rincorrerla.
Entrambi ormai sanno che certi desideri
sono come onde che si infrangono sulla riva.
I loro sguardi si incrociano,
e Anton, con un sorriso dolce e amaro,
sussurra: “Che ci vuoi fare, amico mio,
siamo ormai al tramonto. Siamo nati prima,
è la vita. Forse è meglio se andiamo a dormire,
così occhio non vede e cuore non duole.”
Geppo risponde con un battito di coda,
un consenso silenzioso e affettuoso.
In meno di cinque minuti sono a casa,
le parole di Anton risuonano nell’aria:
“Buonanotte, amico mio, dormi bene,
che domani andiamo a mare.
Un bel bagno non ce lo toglie nessuno, almeno quello.”
E così, nel silenzio della notte,
i due amici si addormentano,
sognando ancora una volta il mare,
e il dolce abbraccio delle onde
che per un attimo sospende il tempo.
Anton De Lasbàr
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