Sesso e genere. Qualche riflessione in più.

Gaetano Riggio e... Qualche riflessione in più su "Sesso e genere", suo precedente articolo.

Sesso e genere. Qualche riflessione in più.


1 – DUBBI SCIENTIFICI SULLA SEPARAZIONE TRA SESSO E GENERE, SOSTENUTA DALLA TEORIA QUEER

In “Sesso e genere. A proposito dell’art. 1 e 4 del ddl Zan”, ho notato un’apparente stranezza: “in un’epoca come la nostra, in cui si ricorre sempre, come “ultima ratio”, alla massima “lo dice la scienza”, quando si parla di sesso, genere e omosessualità, questo riferimento è assente.”

Non solo, ma le frange più estremiste del femminismo e del movimento LGBT, molto vicine alla “teoria queer”, reagiscono con aggressività dogmatica anche agli studi scientificamente seri, quando contraddicono i loro assunti. L’accusa è il solito mantra: sarebbero “pseudoscienza”, che avallerebbe i pregiudizi sessisti con tutto il loro corredo di stereotipi, e dunque l’omofobia, la transfobia, eccetera.

Come si evince da S. Pinker (in Tabula rasa: Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI.), la reticenza sui risultati della ricerca scientifica in materia di genere dipende dal fatto che non danno affatto manforte alle tesi più estreme, che hanno così tanta forza di influenza mediatica e istituzionale attraverso gruppi di pressioni e lobby:

“Come vedremo, le neuroscienze, la genetica, la psicologia e l’etnografia stanno documentando differenze sessuali che quasi certamente hanno origine nella biologia umana.” (Pinker, Steven. Tabula rasa: Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI. Edizione del Kindle.)

Prendiamo infatti la distinzione tra sesso e genere dell’articolo 1 del ddl Zan, la quale caratterizza il sesso come biologico, e il genere, e di conseguenza l’identità di genere, come connessi alle aspettative sociali.

Dal punto di vista scientifico, questa distinzione è perlomeno fuorviante, perché anche il genere e l’identità di genere sono radicati nella biologia, come dimostra un breve richiamo ad alcuni dati relativi allo sviluppo dell’embrione umano

2 – LO SVILUPPO DEI CARATTERI SESSUALI ANATOMICI NEL FETO.

Nella fase iniziale, il feto presenta uno schema corporeo “femminile”, anche quando geneticamente è maschile per la presenza della coppia cromosomica sessuale XY, mentre se femminile ha i due cromosomi sessuali eguali XX.

I caratteri maschili iniziano a manifestarsi, quando s’attiva il cromosoma Y, o per meglio dire una sequenza di geni di questo cromosoma, producendo una sostanza “chiamata fattore di determinazione testicolare. Questo fattore agisce sulle gonadi […] in modo tale che l’organo che altrimenti si sarebbe naturalmente sviluppato in un’ovaia, diventi un testicolo.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

L’introduzione artificiale di questo fattore in un feto femminile XX o la sua artificiale inibizione in un feto maschile XY, altererebbe il processo della sessuazione: e l’embrione geneticamente maschio svilupperebbe un’anatomia femminile, quello geneticamente femminile un’anatomia maschile.

I testicoli secernono a loro volta un ormone (androgeno) chiamato testosterone, che nell’individuo maschile circola in maggiore quantità che in quello femminile, il quale viene captato dai recettori delle cellule di vari organi nelle quali attiva nuove sequenze geniche che completano il processo di formazione anatomica dal punto di vista sessuale:

“L’attivazione dei recettori per il testosterone ha effetti differenti sulle cellule localizzate su sistemi d’organo diversi […] e ciò determina un gran numero di modificazioni anatomiche: la formazione dei genitali, le caratteristiche sessuali secondarie (quali lo sviluppo dei seni, la distribuzione corporea dei peli o il timbro vocale), nonché la forma globale e le dimensioni del corpo.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

In realtà, il testosterone non agisce direttamente sulle cellule, ma con l’intervento di un enzima chiamato 5-alfa-reduttasi, che lo trasforma in “di-idrotestosterone, ed è quest’ultima sostanza a innescare il processo della mascolinizzazione corporea. Il corpo da femmineo diventerà pertanto maschile solo se e quando una quantità sufficiente di testosterone convertito sarà presente nel corpo.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

Qualunque fattore ambientale interferisca con questo processo, “il tessuto non si mascolinizzerà ulteriormente, e il corpo (nonostante la presenza dei testicoli) si svilupperà lungo linee femminili.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

Le cause di questa interferenza possono essere molteplici, solo in parte conosciute. Ad esempio, hanno un effetto di inibizione della conversione del testosterone in di-idrotestosterone sia un farmaco, il Progesten, sia l’iperplasia surrenalica congenita. (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

Quando vediamo un individuo dal corpo androgino, vale a dire con caratteristiche somatiche ambigue, che oscillano tra il maschile e il femminile, oppure troppo mascolinizzato o troppo femminilizzato, è evidente che il di –idrotestosterone non ha agito, per varie interferenze, “a dovere”.

3 – LA DIFFERENZIAZIONE DEL CERVELLO IN MASCHILE E FEMMINILE. L’INTRECCIO TRA SESSO E GENERE

Ma il testosterone non rende maschile solo il corpo, ma anche il cervello, con tutto ciò che ne consegue in termini di genere e identità di genere, il che significa che non solo il sesso è biologico, ma in buona parte anche il genere.

Affermano Solms e Turnbull: “Questa seconda ondata di cambiamenti “altera sessualmente” il cervello stesso. Ancora una volta, il testosterone deve essere convertito; ma questa volta da un enzima chiamato aromatasi, che lo trasforma in estrogeno. […] L’interferenza ambientale sull’enzima-chiave può, proprio come nel caso del 5-alfa-reduttasi, sviare l’intero processo. Ne consegue che è possibile vivere in un corpo sessuale maschile che contiene un cervello ‘femminile’.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.)

4 – ALCUNE DIFFERENZE TRA CERVELLO MASCHILE E FEMMINILE.

Mi limito ad alcune differenze importanti tra il cervello femminile e maschile. Vi è una sezione dell’ipotalamo chiamata INAH-3, che nel cervello maschile è tre volte più grande che in quello femminile. L’ipotalamo svolge una funzione assai importante nella regolazione del comportamento e dell’aggressività sessuali.

Il giro del cingolo – che è un altro nucleo neuronale del cervello – è più attivo nella donna che nell’uomo, mentre è il contrario per l’amigdala. Il primo rende la donna più incline all’accudimento e ai legami sociali, mentre la seconda spiega la maggiore aggressività maschile rispetto a quella femminile.

5 – DIFFERENZE NEL COMPORTAMENTO TRA CERVELLO MASCHILE E FEMMINILE

Per farsi un’idea più chiara, basta vedere che cosa accade al cervello dei ratti da laboratorio, quando viene soppressa l’azione dell’aromatasi: “Come risultato, invece di esibire comportamenti tipici dei maschi appena citati, come il comportamento maschile di monta, essi dimostrano comportamenti tipici delle femmine, inclusi i comportamenti sessuali quali l’esposizione genitale come invito alla penetrazione. Ciò consegue, in tutto e per tutto, dal fatto di avere un cervello femminile in un corpo maschile.” (Solms, Turnbull. Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina Editore.) Tutto ciò è legato alla quantità di testosterone che viene trasformato dall’enzima aromatasi in estrogeno.

Steven Pinker riporta qualche caso concreto sull’effetto di carenza di testosterone in un uomo, e sugli effetti che produce la sua somministrazione medica:

“Il giornalista Andrew Sullivan, al quale, per ragioni cliniche, si era abbassato il livello di testosterone, racconta come si sentiva quando glielo iniettavano: «L’emozione che dà un’iniezione di testosterone non è diversa da quella di un primo appuntamento amoroso o del parlare di fronte a un pubblico. Mi sento rinvigorito. Dopo un’iniezione c’è mancato poco che, per la prima volta in vita mia, mi azzuffassi in un luogo pubblico. C’è sempre un picco di eccitazione sessuale, e ogni volta mi prende alla sprovvista». (Pinker, Steven. Tabula rasa: Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI. Edizione del Kindle.)

Ma riporta anche i risultati di ricerche e studi clinici sugli effetti di un’alta percentuale di testosterone nelle donne: “Le donne con alti livelli di testosterone sorridono meno spesso e hanno più relazioni extraconiugali, una presenza sociale più forte e anche una stretta di mano più energica. (Pinker, Steven. Tabula rasa: Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI. Edizione del Kindle.)

Sia nella fase fatale che nella prima fase della vita dopo la nascita, l’azione del testosterone ha effetti permanenti e strutturali sul cervello orientandolo in senso maschile o femminile.

Nel caso dell’iperplasia adrenale, gli individui di sesso femminile che ne sono affette producono un eccesso di un ormone maschile, l’androsteneidione, “l’ormone androgeno reso famoso dal grande giocatore di baseball Mark McGuire. E anche se i loro livelli ormonali vengono portati alla normalità subito dopo la nascita, crescono come dei maschiacci, giocano di più a fare la lotta, mostrano più interesse per i camion che per le bambole, hanno maggiori abilità spaziali e, crescendo, sviluppano più fantasie sessuali e provano più attrazione per altre ragazze.

Quelle trattate con ormoni solo a infanzia avanzata mostrano, divenendo giovani adulte, modalità sessuali maschili, come una pronta eccitazione di fronte a immagini pornografiche, un impulso sessuale autonomo centrato sulla stimolazione genitale e l’equivalente di polluzioni notturne.” (Pinker, Steven. Tabula rasa: Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI. Edizione del Kindle.

6 – ALCUNE RIFLESSIONI

Il giocare di più a fare la lotta, l’interesse per i camion piuttosto che per le bambole, dipendono dunque in queste individui da un ormone maschile, responsabile della mascolinizzazione del cervello. Generalmente, è nell’individuo maschile che l’androsteneidione produce i suoi effetti più rilevanti. Ma per molteplici ragioni, lo sviluppo può prendere una direzione diversa, con maschi che sviluppano inclinazioni femminili e femmine inclinazioni maschili. Il giocare alla lotta o con i camion non è semplicemente un ruolo di genere, precocemente inculcato nella testa del bambino da una educazione sessista e maschilista!

Sta alla sensibilità pedagogica dell’educatore cogliere le tendenze che spontaneamente si manifestano e assecondarle con saggezza, ma imporre di principio a tutti i bimbi di giocare con le bambole e alle bimbe con le pistole, per debellare gli esecrati ruoli di genere, potrebbe essere una sciocchezza che fa pure danni.

E’ evidente che ricondurre il genere alle aspettative è falso, perché tante caratteristiche di genere “non secondarie” sono riconducibili all’azione del testosterone e alle sue vicissitudini, connesse a influenze ambientali, fin dalla fase fetale, e anche in seguito.

7 – OBIEZIONI E RISPOSTE ALLE OBIEZIONI

Eppure leggo (in Rossella Ghigi, Fare la differenza, il Mulino) che “non è un valido appiglio, quello della biologia, per poter contrastare dei progetti di educazione di genere, come spesso sostiene chi li critica. D’altra parte, non tutto ciò che ha un qualche fondamento (anche) biologico è per questo desiderabile o immutabile.” Che cosa vuole dire una tale affermazione?

La stessa Ghigi considera biologica solo la differenza anatomica di base tra maschi e femmine, tutto il resto è costrutto sociale: “Il genere è piuttosto un dispositivo costruito socialmente, il prodotto di pratiche e di immaginari che a sua volta indirizza gli individui offendo loro una lettura di sé e del mondo. In quanto tale, esso presenta tutti i vincoli di una struttura sociale che agisce a tutti i livelli […].

Ma anche Graziella Priulla (in “C’è differenza”, Franco Angeli), riconduce nettamente alla biologia soltanto le caratteristiche sessuali anatomiche, e tutto il resto (il genere) alla cultura.

Afferma che il sesso “fa riferimento alle caratteristiche biologiche e anatomiche degli individui: femmina o maschio. E’ determinato dai cromosomi […]. Alla nascita si ha un sesso, non un genere.” (Graziella Priulla. “C’è differenza”, Franco Angeli.)

Il genere invece indica “i tratti sociali e culturali che danno significato al sesso, qualificando il comportamento, gli atteggiamenti e il vissuto in termini di mascolinità o femminilità: donna o uomo. Non sono caratteristiche intrinseche […].” (Graziella Priulla. “C’è differenza”, Franco Angeli.)

Ma criticabile è anche la sua definizione di identità di genere: “L’identità di genere è la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, che si acquisisce nel corso degli anni e si sviluppa lungo l’intero arco di vita della persona.” (Graziella Priulla. “C’è differenza”, Franco Angeli.)

Ma è un’affermazione falsa, non solo in base a quello che abbiamo detto, ma anche alla luce di quanto riporta Steven Pinker, che mi limito a citare:

“Uno studio ha preso in esame venticinque bambini nati senza pene (un difetto congenito noto come estrofia cloacale), poi evirati e allevati come bambine: tutti giocavano a fare la lotta come i maschi e avevano comportamenti e interessi tipicamente maschili; più della metà dichiaravano spontaneamente di essere dei maschi, uno a soli cinque anni d’età.

Un altro famoso studio ha preso in esame un bambino che aveva perso il pene a otto mesi per una circoncisione malfatta (non a opera di un mohel, scoprii con sollievo, ma di un medicastro). I suoi genitori consultarono il celebre sessuologo John Money, che aveva dichiarato che «la natura è una strategia politica di coloro che sono decisi a mantenere lo status quo delle differenze fra i sessi».

Egli li consigliò di far evirare il bambino e fargli costruire una vagina artificiale, dopodiché i genitori lo allevarono come una bambina senza dirgli nulla di quanto era accaduto. Di questo caso venni a conoscenza negli anni Settanta, quando studiavo all’università, ed esso veniva portato come prova del fatto che si nasce neutri e si acquisisce un genere in base al modo in cui si viene allevati. Un articolo del «New York Times» riferì all’epoca che Brenda (nata Bruce) «ha superato felicemente l’infanzia da autentica bambina».

I fatti furono tenuti nascosti fino al 1997, quando si venne a sapere che, fin dalla tenera età, Brenda si era sentita un bambino intrappolato nel corpo e nel ruolo di una bambina. Si strappava i vestitini pieni di pizzi, rifiutava le bambole per le pistole, preferiva giocare con i bambini piuttosto che con le bambine, e insisteva addirittura per fare la pipì stando in piedi.

A quattordici anni era così infelice che decise di vivere la sua vita da maschio o farla finita, al che il padre le rivelò finalmente la verità. Allora Brenda si sottopose a un’altra serie di operazioni, assunse un’identità maschile, e ora è felicemente sposato con una donna.” (Pinker, Steven. Tabula rasa: Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali. MONDADORI. Edizione del Kindle.)

E’ il classico experimentum crucis, che permette di testare teorie diverse e confutarle: parliamo di bambini allevati come se fossero bambine, fin dalla più tenera età, che nondimeno palesano un’identità maschile (si sentono maschietti)! Come fa allora la sociologa Priulla ad affermare in modo così netto che “L’identità di genere è la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, che si acquisisce nel corso degli anni […]”?

8 – ALTRE EVIDENZE CONTRO LA SEPARAZIONE TRA SESSO E GENERE.

Ma le prove sul radicamento biologico del genere e dell’identità di genere sono anche di altro ordine: psicologico, storico, antropologico, statistico. Mi limito però a un breve accenno, citando da “Pinker, Steven. Tabula rasa: Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali.”

“Gli uomini tendono maggiormente a competere fra loro per lo status usando la violenza o il successo professionale, mentre le donne ricorrono più facilmente alla denigrazione e altre forme di aggressione verbale. Gli uomini tollerano maggiormente il dolore e sono più disposti a rischiare la pelle per lo status, l’attenzione e altre dubbie ricompense.”

“Le donne sono più attente agli strilli quotidiani dei loro bebè (ma tutti e due i sessi rispondono allo stesso modo a urla di angoscia) e sono in generale più sollecite verso i figli.”

“Le bambine giocano di più alla mamma e a impersonare ruoli sociali, i bambini a fare la lotta, inseguirsi e manipolare oggetti.”

“Le differenze fra i sessi non sono un aspetto arbitrario della cultura occidentale, come la decisione di guidare tenendo la sinistra o la destra. In tutte le culture umane si attribuiscono a uomini e donne nature diverse. In tutte si suddivide il lavoro in base al sesso, assegnando alle donne più responsabilità per quanto riguarda l’allevamento dei figli e agli uomini un maggior controllo dell’ambito pubblico e politico (la divisione del lavoro è emersa anche in una cultura in cui tutti s’erano impegnati a eliminarla: il kibbutz israeliano). In tutte le culture gli uomini sono più aggressivi, più inclini al furto e alla violenza letale (guerra compresa), e più propensi a corteggiare, sedurre e offrire favori in cambio di rapporti sessuali.”

“In tutto il regno animale, quando la femmina deve investire più calorie e rischi in ogni nuovo nato (nel caso dei mammiferi per tutta la gravidanza e l’allattamento), investe anche di più nel suo accudimento dopo la nascita: rimpiazzare un figlio, infatti, è più costoso per la femmina che per il maschio. La differenza di investimento si accompagna a una maggiore competizione fra i maschi per le occasioni accoppiamento, perché accoppiarsi con molti partner dà più probabilità di moltiplicare il numero di figli di un maschio che di una femmina.”

9 – CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.

E’ da notare come tutte le caratteristiche qualificanti che distinguono il maschile dal femminile vengono nelle citazioni suddette considerate come tendenze, sia pure prevalenti, sia pure presenti in tutte le civiltà e culture.

Ciò concorda con le vicissitudini cui va incontro il processo di mascolinizzazione o femminilizzazione. Si possiedono infatti più o meno caratteristiche maschili e femminili. Come infatti può esservi un maschio che ha caratteristiche corporee femminee, così ci può essere una femmina dal corpo mascolino, a causa delle vicissitudini ormonali di cui abbiamo reso conto.

Parimenti, può accadere che vi sia discordanza tra corpo e cervello, invece che la concordanza che solitamente si realizza: può andare bene la mascolinizzazione del corpo, ma non quella del cervello, con una discordanza per quale un individuo può mostrare comportamenti e attitudini del sesso opposto. Lo stesso ragionamento vale per la femminilizzazione.

Vorrei aggiungere una nota che riguarda l’attrazione tra i sessi. Non è la mera anatomia femminile ad interessare un uomo, e lo stesso vale per una donna. Il sesso è solo il centro di un vortice che coinvolge tutto il corpo e il carattere, che tanto più attraggono quanto più sono percepiti come maschili da una donna o femminili da un uomo. La femminilità di una donna è un fatto integrale della persona, così come la mascolinità in un uomo. Quanto più è femminile una donna tanto più attrae, quanto più è maschile un uomo tanto più attrae.

Ora, è solo ridicolo pensare che sia convenzionale ciò che fa femminile una donna, o maschile un uomo. D’altra parte il magnetismo della mascolinità, ma forse soprattutto della femminilità, non sarebbero così forti se non fossero radicati nella nostra natura.

La persona dai tratti marcatamente androgini non è una confutazione della distinzione tra i sessi, come i pubblicitari che ammiccano alla nuova tendenza “gender” e condizionano ingannevolmente gli spettatori, vogliono fare credere.

Il disorientamento della percezione è anzi una spia che conferma la distinzione tra i sessi, perché è la conseguenza di una sovrapposizione di tratti corporei, e atteggiamenti, che dovrebbero appartenere a persone di sesso opposto, e invece si ritrovano nello stesso individuo, che non si sa se considerare uomo o donna.

D’altra parte, non c’è bisogno di ricorrere ai casi estremi, perché spesso notiamo uno scostamento dell’uomo dal tipo maschile, e della donna dal tipo femminile.

Il modello della donna amorevole e materna – per fare un esempio – non è semplicemente uno stereotipo, un ruolo di genere, alla luce di quello che abbiamo detto, ma anche alla luce del buon senso, anche se la cultura può enfatizzare questo modello. Esso è radicato nella biologia, e nella cultura. perché conviene all’uomo, perché c’è la Sacra Famiglia cristiana, perché c’è l’archetipo della madre con il bambino che risale alla notte dei tempi.

Ma non c’è dubbio che molte donne se ne discostano, mentre la maggioranza delle donne più o meno vi si riconosce. Ho letto il post di una giovane donna, che confessava tutto il suo entusiasmo di essere madre, mentre una femminista dura e pura la compatirebbe o disprezzerebbe.

Il vero rispetto della diversità consiste nel dare spazio e riconoscimento anche alla “donna amazzone”, che per vari fattori – in parte considerati – non si riconosce in questo modello, dandole la possibilità di estrinsecare liberamente il suo modo di essere.

Oggi invece si vuole imporre una discriminazione invertita di segno: una giovane donna che infatti scelga la famiglia e la maternità, poco ci manca che si denuncino i suoi genitori per abuso e violenza, perché sarebbe stata vittima dello stereotipo sessista e della repressione. Basta leggere articoli di riviste, notare i commenti che si fanno, e altro ancora, per accorgersene.

Non sarebbe la prima volta che chi era discriminato e perseguitato ieri, diventi a sua volta persecutore dei suoi carnefici domani. Basta pensare al rapporto tra cristiani e pagani, prima e dopo Costantino. E’ facile passare da un dogmatismo a un altro, per la bramosia di volere fare prevalere la propria visione del mondo, anche se minoritaria.

Dunque, è fuorviante e ideologica la distinzione tra sesso e genere proposta dall’art. 1 del ddl Zan, strumentale a un disegno e a propositi che esulano dalla tutela legittima della libertà e della dignità di persone riconducibili a minoranze sessuali storicamente discriminate e perseguitate.


Segui gli altri articoli della categoria Trends qui:

https://www.carlettoromeo.com/category/trends/

2 commenti

  1. Quando occorre ricredersi sulle proprie precedenti affermazioni, va fatto. Solo gli stupidi non cambiano mai idea. Al precedente articolo riguardo il decreto Zan,risposi di “pancia” ma riflettendoci più attentamente e valutando da altri punti di vista, ciò che mi sembrava ovvio non lo è, soprattutto giuridicamente, e quindi… che dire… articolo lungo ma completo e puntuale, ricco di fonti. Le mie considerazioni a questo punto sono: non importa quale possa essere il mio pensiero o i miei desideri o la mia espressione nel mondo, l’importante è il rispetto altrui certamente e soprattutto occorrerebbe essere molto meno giudicanti, soprattutto da parte di chi ha molto subito in passato, perché si rischia di cadere da vittima a carnefice… e non va bene, anche se ci sarebbe da riflettere su quanto le vittime di ieri abbiano subito per diventare a loro volta così “aggressive” oggi.

  2. Grazie di avermi risposto. Siamo comunque d’accordo che il ddl Zan andrebbe solo in parte emendato, di certo non contestato in quanto tale. Ma la materia è talmente complessa che mi fermo qui. Sicuramente non mancherà occasione, qui sul sito di Carletto, di tornarci a riflettere!

Lascia una risposta

Carletto Romeo