“Perché Italia-Israele non va giocata” di Paolo Mossetti

Riporto integralmente un articolo pubblicato su Wired

Un boicottaggio che non fermerebbe la guerra, ma eroderebbe il consenso internazionale di Netanyahu e darebbe coerenza alle sanzioni contro la Russia.

La Fifa aveva l’imbarazzo della scelta, prima del deliberato attacco al contingente Unifil nel Sud del Libano, per fermare la partita Italia-Israele e trovare un motivo per escludere le squadre di Israele dal calcio internazionale. Prima ancora delle truppe italiane, indonesiane o irlandesi cannoneggiate per far largo al tentativo di regime change a Beirut, rivendicato apertamente dal primo ministro Benjamin Netanyahu, o dei bambini palestinesi arsi vivi in un campo profughi a Gaza, o la grave situazione umanitaria causata dai 12 mesi di attacchi di Israele nella Striscia, sarebbe bastata, come motivazione più che legittima, l’interruzione continua del calcio palestinese dovuta all’occupazione israeliana e il fatto che squadre degli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania partecipano ai campionati nazionali, in violazione delle regole della Fifa.
Ma all’organo di governo del calcio mondiale tutto questo non è bastato. E allora il governo italiano, se avesse un rimasuglio di orgoglio, dovrebbe cogliere l’aggressione inaudita della settimana scorsa alle truppe Onu, in spregio a qualsiasi diritto internazionale, per unirsi alle crescenti richieste di escludere le squadre israeliane dalle competizioni internazionali.
Italia-Israele, partita di Nations League che si giocherà tra poche ore in Friuli, a Udine, sullo sfondo del conflitto in corso in Medio Oriente, che si è esteso al resto del Medio Oriente, è la prima partita quest’anno che Israele gioca fuori da un territorio all’apparenza neutrale: l’Ungheria di Viktor Orbán, un autocrate xenofobo che è con Netanyahu senza se e senza ma, e vieta qualsiasi bandiera palestienese o della pace allo stadio. Un dato che basterebbe, da solo, a mandare in tilt molte narrative sull’ordine liberale europeo.

“Giocheremo questa partita con la speranza di convincere sempre più persone sull’errore della guerra – ha detto l’allenatore dell’Italia, Luciano Spalletti -. Ci sono molti israeliani che non la vogliono e dobbiamo convincere sempre più persone che questo è qualcosa che deve finire”. Ma le timide dichiarazioni del ct non bastano. Non possono bastare. Una posizione ben più netta ha preso Mauro Berruto, membro del Partito democratico ed ex ct della nazionale maschile di pallavolo: “Questa sera si gioca una partita che non si dovrebbe giocare… Regna un silenzio assordante che evidenzia la vergogna una contraddizione insostenibile”.

L’indignazione dell’opinione pubblica è palpabile. Solo il 5% degli italiani, secondo un recente sondaggio YouGov, è favorevole a schierarsi con Israele in questo conflitto, pure a fronte di una vasta parte di confusi e di una quota non enorme di filo-palestinesi. Per capire la rabbia che sta montando, si guardi a questo sfogo di Umberto Chiarello, solitamente moderato opinionista sportivo di Campania Sport, che parla senza mezzi termini di Italia “provincia americana”. Sono stati venduti meno di 12.000 biglietti per la partita di lunedì, meno della metà della capienza dello Stadio Friuli, che può ospitare 25.000 spettatori, in mezzo a rigide misure di sicurezza.

Il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha guadagnato tempo sostenendo la necessità di un parere legale, sebbene l’organizzazione abbia sospeso la Russia entro poche settimane dall’invasione dell’Ucraina. La Fifa ha promesso di discutere la questione entro il 20 luglio, ma le richieste sono diventate evidenti già il 31 maggio durante la partita tra le nazionali femminili di Scozia e Israele a Glasgow.

Italia-Israele non va giocata perché un boicottaggio del calcio israeliano, scrive Daniel Levy, presidente del U.S./Middle East Project ed ex negoziatore israeliano, potrebbe ottenere ciò che altri tentativi del movimento Bds (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) non sono riusciti a fare: intaccare il senso di legittimità del paese. Sarebbe un tipo di pressione che non fermerà la guerra, ma potrebbe colpire profondamente l’immagine di Israele e la sua accettazione internazionale. Basta sentirsi ripetere che “lo sport deve star fuori dalla politica”. La politica è già entrata nello sport. Basta volerla fare.

Paolo Mossetti

Fonte:

https://www.wired.it/article/italia-israele-non-va-giocata

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Carletto Romeo
Presentatore radiofonico e televisivo, attore tv, cinema, teatro. Blogger e webmaster "autodidatta". Scrittore... da sempre! Ma non l'ha mai detto "pubblicamente" a nessuno! E... Mi raccomando! Anche tu che stai leggendo, non lo fare!

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