“Musica di Diritto e Diritto in Musica” di Daniela Rullo

Termina il Festival Nazionale di Diritto e Letteratura 2024, Città di Palmi. Prossimo appuntamento, Evento Speciale, venerdì 10 maggio, Palmi, Improvvisazioni e libertà costituzionali, tra Jazz Standars e Mahler, da non perdere.

Termina il Festival Nazionale di Diritto e Letteratura 2024, Città di Palmi. Prossimo appuntamento, Evento Speciale, venerdì 10 maggio, Palmi, Improvvisazioni e Libertà Costituzionali, tra Jazz Standars e Mahler, da non perdere.

Il Festival Nazionale di Diritto e Letteratura, XI edizione, dal 18 al 20 Aprile 2024, Città di Palmi, è giunto al suo termine, anche se ci sarà ancora un Evento Speciale, l’ultimo, venerdì 10 maggio, alle ore 18, presso la Pinacoteca Casa della Cultura “L. Repaci” di Palmi, dal titolo “Improvvisazione e Libertà Costituzionali tra Jazz Standards e Gustav Mahler”, che è un appuntamento sicuramente da segnare in agenda. E qual è stato il titolo di questa Edizione? “Ma che musica è il Diritto? Creazione e Interpretazione tra Norme e spartiti”. E poiché il Diritto, in quanto “Arte”, può essere considerato anche come una musica, con tutte le similitudini possibili, assimilabile a più e più generi, “che cosa debba trovare il Diritto, come la musica, all’interno di quelle sue partiture che sono le norme, è facilmente comprensibile: la Vita”. Citando Calvino: esercitare il Diritto è “cercare (in esse, nelle norme), e saper riconoscere chi e cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio”. Molto importante, per l’ideatore di questo festival, il Magistrato Antonio Salvati, è la letteratura, tanto da averla messa a braccetto col Diritto, nell’intitolazione del Festival stesso. Porticese, da 23 anni a Palmi, ora Giudice del Lavoro a Reggio C., Salvati parla, da non calabrese, del forte pregiudizio, nei confronti di questa terra, e del solito stereotipo che c’è nei confronti di questa Regione. Proprio per tale motivo, durante il variegato programma, si è pensato al modo di avvicinare un po’ tutti al mondo del Diritto, a come renderlo “semplice e comprensibile”, alla collettività e il meno ostico possibile, accattivante per il pubblico. Si vorrebbe anche sfatare la classica associazione Calabria uguale ‘ndrangheta, malasanità e cattivi collegamenti nella rete dei trasporti, ferroviari e non solo, smentendo cattive voci, anzi rincuorando, chi voglia venire come ospite, ricordando ben due aeroporti vicini, quello di Reggio C. e quello di Lamezia T., il che fa poi cambiare spesso idea agli invitati di turno. Ma c’è sempre chi per elevare svaluta, nonostante sia “del mestiere”, perché può capitare anche ai migliori di “scivolare” sui luoghi comuni (magari per qualche “bagliore” dell’ospite d’onore… e chi lo sa!). Fatto sta che un festival così, è vero, in prossimità dello Stretto, così tanto a Sud, è bene tenerselo, con tanta cura, amore e dedizione. E focalizziamoci quindi sui “buoni convegni”, come quelli che si sono avuti nella mattinata e nel pomeriggio di giovedì 18, nella sezione “Aspettando il festival”, a Reggio C., nella Sala Conferenze Digies di Palazzo Sarlo, “La sessione di musica e parole del Diritto”, 1 e 2 parte, introdotti e presentati da Daniele M. Cananzi, il Responsabile Scientifico, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, con ospiti quali P. Heritier, Moderatore poi a sua volta nella sessione pomeridiana, proveniente dall’Università del Piemonte Orientale, poi ancora Antonio d’Elia, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Valerio Nitrato Izzo, dell’Università Federico II di Napoli, e nel pomeriggio Antonino Ripepi, Procuratore dello Stato e Giuseppe Rossi, dell’Università Iulm di Milano.

Si è discusso di tematiche molto importanti: “Sento dunque sono”, di musica e disabilità, di Dante e di “canto” dantesco, d’interpretazione e di natura improvvisativa del Diritto… Improvvisare, come nel Jazz, in un’aula di Tribunale è possibile o a volte essa rischia di essere scambiata come cialtroneria? È stato risposto ad esempio quanto sia fondamentale la conoscenza esaustiva della materia per poterla padroneggiare a tal punto da avere quel grado di improvvisazione che nel Diritto c’è ma non è mai casualità disordinata e disorganizzata, proprio come l’improvvisazione jazzistica richieda la conoscenza della linea melodica di base, affinché tutti gli strumentisti possano concertare insieme, senza “perdersi”, in “logica” e ritmo. Quanto è importante il fattore umano nell’era ormai dell’Intelligenza Artificiale e quanto conta l’Estetica in un Processo, così come in una partitura musicale? Domande del pubblico, interessantissime, con scambi che hanno lasciato ulteriori spunti di riflessione… E poi il tanto atteso e amato Baglioni, a Palmi, alle ore 18.30, al Teatro Comunale “Nicola Antonio Manfroce”, con Michele Caccamo, poeta e scrittore, alla presenza di Riccardo Giacoia, Capo Redattore del TGR RAI Calabria, ospiti di Antonio Salvati, Magistrato e padrone di casa. Il titolo dell’incontro, “Uomini persi. Note sparse su fragilità e giustizia sociale nelle canzoni di Claudio Baglioni”. Il teatro era gremito e il numerosissimo pubblico ha gradito l’intervento, fuori dal solito contesto del suo beniamino, anche se avrebbe preferito probabilmente sentirlo cantare, con uno “strappo alla regola”. Ma non era quello lo spazio adatto e consono ad una esibizione canora e questa volta, con buona pace dei suoi fan, voleva essere un invito diverso dal solito, proprio per andare oltre i soliti cliché, persino del cantante de “… Quella sua maglietta fina” e altri brani d’amore che hanno fatto la storia della canzone d’autore italiana… E un personaggio del calibro di Baglioni, con la sua sensibilità artistica, era stato individuato come la persona più adatta ad avvicinare il pubblico, (ricordiamo che non meno di un anno fa, quando uscì “Le canzoni di Claudio Baglioni spiegate a mia figlia”, ci fu un caso di best seller negli store online sin da subito), per parlare di alcune tematiche, nel titolo di cui sopra. L’operazione mediatica, dai numeri, pare sia molto riuscita. Per il resto, se potessi dirla in musica, mi è stato riferito, da presenti e accreditati occhi (addetti ai lavori), di aver assistito a un “concerto di musica con variazioni sul tema”, un po’ un “fuori programma”, sfuggito ai più, dato ch’era previsto un altro genere musicale, ma poco importa… Alla fine ciò che maggiormente conta è che sia piaciuto, molto, un po’ a tutti, dando grande visibilità e prestigio al Festival, alla Città di Palmi ma anche a tutta l’area della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Il resto rimarrà come un interrogativo personale e forse da porsi in altra sede, per le Edizioni future: cosa conta di più, la coerenza “scientifica” o i grandi numeri e i grandi “nomi da cartellone”? Ma questa è un’altra storia…

E così, dopo aver cominciato col botto, si è andati avanti in un crescendo di giornate come quella del mattino di venerdì 19, con la “Sessione Inaugurale”, sempre al Teatro Comunale “Nicola Antonio Manfroce”, dal titolo “Libertà e regole tra musica e Diritto”, con Sabino Cassese, giurista editorialista, e la relazione tra “Interpretazione musicale e interpretazione giuridica”, ragionando intorno alle esecuzioni del Maestro Daniele Ciullo di alcune Variazioni Goldbergh di J. S. Bach, alla compresenza del Moderatore Ilario Nasso, oltre a Gaspare Spedale e Claudio Paris, entrambi Magistrati. Si è parlato anche di “De André e il dito più lungo della mano” e “Un desiderio in gabbia. Detenzione e Diritto alla sessualità tra Lucio Dalla e la Corte Costituzionale”.
E poi, nel pomeriggio, l’evento centrale, il “Processo a Bocca di Rosa”. Proseguendo poi il sabato mattina, giorno 20 aprile, sempre a Reggio C., Palazzo Sarlo, Sala Conferenze Digies, Moderatore sempre Daniele M. Cananzi, con gli interventi di Damiano Canala, dell’Università Bocconi di Milano, Mario Riberi, dell’Università di Torino, Valerio Mori, dell’Università della Tuscia di Viterbo, Enrico Buono, dell’Università Federico II di Napoli e Marco Panella, Avvocato. Si è parlato di Morzat, di assonanze, di distinguere “musica dal rumore”, di “libertà e verità nell’interpretazione musicale e giuridica” e di “pratiche dell’improvvisazione musicale”, una sessione mattutina in collaborazione con il Consiglio Nazionale Forense, il C.N.F., e il Centro di Ricerca per l’Estetica del Diritto, il CRED. Infine, la giornata conclusiva di domenica pomeriggio, nella Sala del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palmi, una “Conversazione” dal titolo “La Carta “canta”: il lungo viaggio della Corte Costituzionale”, con Donatella Stasio, giornalista e scrittrice, Francesco Napoli, Vice Presidente del Consiglio Nazionale Forense e Angelo Caliendo, componente del Consiglio Direttivo e Responsabile dell’Ufficio Legale Eurispes. Ma torniamo a Fabrizio De André, definito nel Processo immaginario “noto ideologo sovversivo”. In queste formule, ideate da Salvati, nell’Edizione di quest’anno, sotto accusa c’è niente meno che “Bocca di Rosa”, Lalla Esposito, attrice e cantante, l’Imputata difesa da un Avvocato d’eccezione, Peppe Barra, cantante e attore teatrale, alla compresenza di Donatello Pisani, Avvocato, nella veste di Cancelliere, del Giudice, Marco Puglia, Avvocato e dell’Accusa, Antonio Salvati, Magistrato. Il Processo si è svolto alle ore 15.30, a Palmi, nell’aula bunker del Tribunale Penale, Aula intitolata ad “Antonio Scopelliti”, il Magistrato ucciso a Villa S. Giovanni nel 1991. Ebbene, viene accusata Bocca di Rosa di “Furto d’Amore”, di aver agito per futili motivi e di aver praticato l’amore libero su tutto il territorio nazionale, in data incerta. Inoltre, Ella avrebbe istigato anche i due carabinieri, Pasquale e Luigino Santamaria, venuti a prenderla col foglio di via, a tale pratica disdicevole. L’accusa acclude altresì il video della canzone reinterpretata da Peppe Barra (col testo riscritto da Vincenzo Salemme, in napoletano, della famosa canzone di De André, per volere dello stesso cantautore, come racconta Peppe Barra in un aneddoto) che presenta un testo inequivocabile. Ora, si dà il caso che il furto, per essere tale, debba essere quantificabile. Secondo l’Accusa esso lo è, in chilocalorie, durante un atto sessuale, ad esempio, di circa 74 per la donna e di circa 100 per l’uomo. Inoltre ed è ciò che maggiormente contesta l’Accusa… non può esistere una Legge degli “umili”: chi decide chi sono gli umili? Sarebbe arbitrario. Tra due umili chi prevale? Bisognerebbe riconoscere alla controparte una certa “umanità”. E cosa vuol dire “giudicare con misericordia”? Non si può giudicare mettendosi “una mano sul cuore”. La giustizia deve essere “fredda”. Altrimenti si andrebbe verso l’anarchia. Non può esserci “un Giudice con la faccia da uomo (che) mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione”, come cantava, sempre De André, in un altro brano intitolato “Un medico”. La legge deve essere uguale per tutti, sostiene l’accusa (e la Verità si costruisce in base agli elementi che emergono dalla “Verità Processuale”, consiglia il Magistrato Salvati ai giovani praticanti). Ma la Difesa argomenta e contrattacca: non si tratta di furto ma di “dono”, in quanto Bocca di Rosa l’amore a tutti lo regala, con altruismo e devozione, democraticamente e senza distinzione di classe sociale. E per quanto riguarda i due carabinieri “essi sapevano di peccare ma non siamo in Chiesa, qui, bensì in un Tribunale”, dice l’Avvocato Barra. Pertanto, Bocca di Rosa non andrebbe condannata, bensì ringraziata dalle donne del paese, per aver fatto quello che loro non facevano ai mariti. Di più, “I colpevoli siamo noi, tutti noi, per aver rubato amore da lei”, aggiunge la Difesa. A questo punto, viene chiesto all’Imputata di rilasciare delle dichiarazioni spontanee e Bocca di Rosa aggiunge: “Mi condannate per che cosa, per furto d’amore? Io lo dono… Come si può rinchiudere una come me? Io pratico l’amore libero, per voglia, per passione… I mariti sposati se si fossero sentiti appagati sarebbero venuti da me? Le donne di questo paese si sentono Sante ma sono chiuse e bigotte. Però dovunque io vada nulla cambia. Dovunque accadrà la stessa cosa finché l’amore non andrà vissuto con interezza. L’amore lo si vive malgrado noi. Ecco, io sono colpevole di questo”… A questo punto del Processo il Giudice e la Corte devono decidere la sentenza… Passano alcuni minuti per deliberare. La Corte si aggiorna. Il responso sarà: l’Imputata Bocca di Rosa viene assolta per non aver commesso il fatto. Non solo. È lei la vittima di un intero paese che l’ha fagocitata, inghiottita, nella sua solitudine, vittima di quelle donne che hanno gettato su di lei l’onta della colpa… Ma l’assoluzione, in questo Processo immaginario (all’undicesima Edizione del Festival Nazionale di Diritto e Letteratura, Città di Palmi 2024), possa portarla lontano, nel cuore di tutti noi, “come un treno (a vapore), di stazione in stazione, di porta in porta e di dolore in dolore, (finché) il dolore passerà” e la bella “Bocca di Rosa”, nell’immaginario collettivo, sulle note di Peppe Barra, le parole di Vincenzo Salemme, nel ricordo dell’indimenticabile Fabrizio De André, resti in eterno dispensatrice di amore, né sacro né profano, bensì nient’altro che amore e bellezza.

"Festival del Diritto" di Daniela Rullo

Il Festival Nazionale di Diritto e Letteratura si è concluso anche quest’anno, dopo essere stato Festival “On the road/school”, mercoledì 17 e giovedì 18, con sessioni in contemporanea nei licei di Palmi, di Reggio C., Bagnara, Cittanova ma anche negli Istituti Superiori di Tropea, Rosarno/Laureana di Borrello, Taurianova, Oppido Mamertina, Polistena e Gioia Tauro. E non è mancato il Cineforum, in collaborazione con il Circolo del “Cinema Cesare Zavattini”, presso l’Università Mediterranea della Calabria, Palazzo Zani, Aula 1, nelle giornate di mercoledì 17, venerdì 19 e sabato 20, alle ore 17, con due pellicole di Hirokazu Kore’eda, una sul libero arbitrio parentale, affrontando il conflitto tra legge morale e legge sociale in “Un affare di famiglia” e l’altra, sempre sul tema caro al regista, che è una parabola sulla “famiglia elettiva” e la fluidità delle relazioni, in “Le buone stelle – Broker”. A conclusione, il film di Kiesloślowski, con “Decalogo 5 Non uccidere”, che tratta un tema importantissimo, quello della pena capitale. Possiamo dire quindi, in ultima analisi, di un Festival articolato, ragionato, ben strutturato e culturalmente elevato. Un Festival multilivello, che abbraccia più espressioni artistiche, perché si diceva all’inizio, pensato per avvicinare più target, proprio come un Festival di Musica che preveda un programma con più generi, per soddisfare più gusti, ma mai accontentandosi dell’ovvio, dello scontato, della “banalalità del male”, del giudizio “facile”, ad esempio, come potrebbe accadere, sempre parlando in musica, in un’analisi sommaria di una “Ballata dell’amore cieco (o della vanità)”, del solito autore “anarchico sovversivo” De André. In qualsiasi luogo geografico penso che basti virare di poco la rotta, anche qui a Sud, ogni giorno, per guardare e vedere “la mela che non è marcia”.
“Noi che mai finimmo di aspettare, provando a vivere e non vogliamo andare in Paradiso se non si vede il mare…”, (cit. Baglioni), da qui, dallo Stretto, da Palmi, da tre quarti della Calabria, beh, noi vediamo il mare e bisogna ricordarsi anche che “la parola non è la cosa (Korzybski)… e la mappa non è il territorio”. E la vista, del mare, è davvero magnifica, persino con le nuvole…

Daniela Rullo

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