Carletto Romeo
Marta e Maria
Marta e Maria
Maria è una ragazza che lavora al supermercato.
Ogni giorno la vedi dietro al plexiglass “antisommossa”, con divisa e mascherina d’ordinanza, guanti e, voglio immaginare anche il sorriso, sotto quella maledetta pezza in bocca, che io non sopporto per i 12 minuti della mia spesa, immagino lei a tenerla per tutto il turno di lavoro di ore e ore.
Quando per un anno ti hanno tolto il contatto con le persone e pure il conforto del confronto “vis-à-vis”, da cui il beneficio di essere destinatario di un sorriso, di un cenno, ma fosse pure un ghigno simpatico…
In tale assoluta astinenza, allora devi essere bravo ad accontentarti di ciò che rimane e… quel che rimane sono gli occhi!
Tutto il resto serve, ma se ti sintonizzi sugli occhi, hai già il quadro completo!
Pandemia e mascherine a parte, gli occhi delle persone mi hanno sempre detto molto… quasi tutto!
Se poi faccio comunque il tontolone, è perché non mi piace sparare sentenze. Mi piace molto, invece, essere sorpreso e smentito dai fatti.
L’altro ieri gli occhi di Maria dicevano chiaramente:
“Che caldo! Che stanchezza! Che giornata di merda!”
Gli occhi…
La voce invece continuava a far il proprio dovere, il solito mix di professionalità, gentilezza, prezzi, conti e… grazie arrivederci.
Arrivo nei pressi della cassa 1 e, come da mia previsione alle 13.45, non vi era fila né folla:
Solo una signora mi precedeva e un’altra signora mi seguiva.
Ho dato uno sguardo alla mia carta, al mio codice lotteria (non ci credo ma ci provo) e, solo per un istante, alla cassiera.
A volte, sbadato come sono, faccio fila proprio nella cassa chiusa.
Mi accorgo subito che Maria (il nome è simbolico, lo avevi già capito?) è meno tranquilla del solito. Non ci faccio caso in primis, poi però mi basta voltarmi un attimo e il quadro mi è subito chiaro.
Mentre la signora che mi precede sta pagando e io mantengo la distanza richiesta di un metro e ben segnalata con le scritte per terra, la signora che segue (da questo momento la chiamerò Marta), invece mi si avvicina quasi a toccarmi e non porta la mascherina, cioè la porta al livello del collo come un cowboy, lasciando scoperti “completamente” naso e bocca.
Le faccio semplicemente una occhiatina delle mie.
Lei con fare spavaldo, capisce, mi ignora e torna indietro per prendere qualcosa che aveva dimenticato, lasciando i suoi articoli, che non descrivo per la privacy, sul rullo della cassa accanto ai miei.
Maria quasi sottovoce dice o, mi dice, qualcosa: io, stordito dal caldo e dalla mia mascherina, non capisco. Poi capirò le sue parole come: “storia di tutti i giorni”.
Intanto Marta torna alla fila della cassa, torna dietro di me scavalcando senza garbo (eufemismo) un signore che nel frattempo aveva preso il suo posto e stavolta, visto che la sua “mascherazione” (termine coniato per lei) non è cambiata, le dico: “guardi che la mascherina la portiamo tutti e tutti in modo adeguato. Come la porta lei non va bene!”
Stavolta mi guarda in cagnesco e non risponde ancora.
Maria allora, alzando il proprio tono di 2 ottave, deve farsi sentire da dietro la cappa di plexiglass e da “dentro” la mascherina: “fiato e fatica sprecata!”
Faccio un passo in avanti per pagare, visto che era arrivato il mio turno e Marta mi si appiccica alle spalle non rispettando di nuovo la distanza del metro, ma anzi sembra abbia voglia di sorpassare o peggio fare a sportellate (Guido Meda docet).
Mi fermo, mi giro e le ripeto scandendo bene le parole: “guardi che oltre alla mascherina non sta rispettando la distanza e, non ultimo, mi sta pure toccando”.
Questa volta, finalmente, mi risponde e rivela con due sole parole il suo essere: “e spostati!”.
Al mio rimanere inchiodato, a maggior ragione dopo tale invito imperativo, Maria mi “confessa” esausta e anche demoralizzata: “non se ne può più! Ogni giorno è sempre peggio! Non ci ascoltano. Lei da sola o in compagnia fa così da tempo e non sente ragione, anzi se parliamo fa un macello!”
E io, spiazzato da tale resa amara: “avete provato a chiamare la sicurezza o le forze dell’ordine?”
Dalla risposta che non riporto, capisco che non è servito a nulla!
E, per non peggiorare la situazione e soprattutto non creare ulteriori problemi alla cassiera, stanca, indifesa e… con le “lacrime agli occhi” per lo stress, decido di glissare la cosa, decido di andare “oltre”, evitando “altro”.
Ai lettori, a chi di competenza, a coloro che difendono l’indifendibile, ai politici, alle forze dell’ordine, ai tuttologi, a chi di mestiere fa l’assistente sociale, a chi lo fa anche senza titolo…
Riporto uno stato di fatto, riporto da una parte Maria che lavora e, nonostante caldo, ore di lavoro e stanchezza, mantiene una condizione regolamentare col massimo rispetto per gli altri e per se stessa.
Dall’altra parte poi c’è Marta che “gironzola” per Siderno senza il minimo rispetto di regole e vivere civile, sprezzante del lavoro altrui e dell’incolumità di chi, volente o nolente, si trova nei suoi paraggi.
Ora ecco l’ultimo dettaglio, messo qui volutamente, come volutamente è stata omessa la natura degli articoli comprati da Marta (non sono affari nostri) e volutamente è stata omessa qualsiasi descrizione “fisica” o di abbigliamento della signora.
Marta è una donna di colore, nigeriana suppongo…
Ora il dato è irrilevante e mi auguro che nessuno prenda questo spunto come atto di razzismo, anche se sono sicuro del contrario, ormai…
Ripeto, qui non è importante questo. Non è importante il colore della pelle, la “professione” o altro.
Importante, eccome, è che un paese civile che “accoglie”, non può poi “dimenticare” o meglio consentire che si creino “zone franche” o situazioni e senso di impunibilità.
Maria ha il diritto di lavorare in pace.
Io ho il diritto di fare la spesa in sicurezza.
Marta “avrebbe” il diritto di rispettare le regole di un paese civile!
Marta dovrebbe seguire le regole, proprio come tutti gli altri italiani e non, extracomunitari e non, regolarmente presenti e non!
Uso il condizionale proprio perché in Italia c’è qualcuno come il ministro Speranza, che per un anno e mezzo ci ha blindati come ratti, buttando via la chiave e allo stesso tempo ha “consentito” a tutti quelli come Marta, di entrare e fare ciò che gli pare… “Tanto nessuno li tocca!”
Uso il condizionale perché in Italia c’è qualcuno che “nonostante tutto”, è pronto a difendere Marta… Perché ormai è così che funziona!
Chi sarà il primo?
Chi la prima?
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