L’accusa di genocidio a Israele: un tragico paradosso

Considerazioni amare del prof Riggio sul tragico paradosso di oggi

L’ ACCUSA DI GENOCIDIO A ISRAELE: UN TRAGICO PARADOSSO

Il giorno di giovedì, 11 gennaio 2023, è una data che lascerà un segno nella storia: è iniziato un processo in cui Israele siederà sul banco degli imputati, mentre l’accusa sarà rappresentata dal Sudafrica. Il capo di imputazione è molto grave, e l’ ironia della storia ha voluto che il crimine contestato ai responsabili politici e militari dello Stato di Israele sia lo stesso di cui la popolazione ebraica europea è stata vittima durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale: vale a dire, genocidio!
Per dare un’ idea della devastazione morale in corso, con quale spirito celebreremo la giornata della memoria del 27 gennaio? Si è detto che occorre ricordare affinché non accada più, ma pare che il pessimismo di quanti negano validità alla massima che vuole che la storia sia maestra di vita (Historia magistra vitae) non faccia che trovare una nuova conferma!


La storia non insegna nulla, e nulla vale ricordare, se il male assoluto subito (male assoluto è stato definito il genocidio degli ebrei, la Shoah), non si esita a commetterlo a danno di un altro popolo, salvo poi definirlo diritto all’ autodifesa, lotta per la sopravvivenza in un contesto ostile, e così via.
Quale valore può mantenere dunque la giornata della memoria, della quale Israele è comunque patrocinatore, essendo il principale erede, anche se non l’ esclusivo, della storia del popolo ebraico, nonché fondatore e sede dello Yad Vashem, con legge della Knesset nel 1953?
Non rischia di ridursi a mero rituale, a esercizio di retorica autoreferenziale, ad un atto di ipocrisia, che si sa essere privo di valore universale, perché il genocidio che si vuole scongiurare è di nuovo in atto, ma paradossalmente per mano di alcuni dei discendenti di coloro che furono vittime, contro un altro popolo, che tra l’altro non ha nessuna colpa dell’ Olocausto, che è stato crimine europeo?


Ad ogni modo il capo di imputazione è preciso, di avere violato la Convenzione sul genocidio, approvata dall’ONU nel 1948, e ratificata dallo stesso Israele nel 1950. Aggiungiamo ancora un altro “dettaglio” ironico della storia: il reato di genocidio è stato formulato con il contributo fondamentale di un avvocato ebreo polacco, Raphael Lemkin!
Che dire? Che le vittime di ieri sono diventate i carnefici di oggi? Che la Corte Internazionale di Giustizia dell’ Aia rimane l’unica flebile speranza per confutare il pessimismo che a vigere veramente nei rapporti internazionali, ma anche all’ interno di uno stesso Stato, sia ancora la legge della giungla, ossia del più forte?
Non dimentichiamo infatti che la striscia di Gaza non è uno Stato, in quanto fa parte a tutti gli effetti dello Stato di Israele. È dovere di questo Stato tutelare i civili da tentativi di pulizia etnica e genocidio, e non fare di tutto per eliminarli, o costringerli a lasciare le loro case.
Speriamo dunque di vedere accendersi una luce di speranza

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Carletto Romeo