Carletto Romeo
La macchia rossa
L’aria frizzantina del mattino di dicembre stimola la voglia di far 4 passi. Nei giorni precedenti l’aveva buttata giù come Dio comanda e oggi finalmente un gran bel sole anche se la temperatura rimane comunque rigida.
Focsi si era svegliata con in testa la lista delle cose da fare: quando sei una mamma volpe responsabile di 2 cucciolotti da sfamare, devi organizzarti bene e pianificare tutto con priorità alle cose urgenti e inderogabili.
Colazione per tre, cuccioli a far i compiti e via… a zonzo per la campagna in cerca di cibarie per il pranzo e la cena.
La vita della volpe non è poi così male… in condizioni normali!
Ma Focsi quest’anno deve fare i conti coi cambiamenti del clima ma soprattutto con l’umore delle persone che abitano nei paraggi della tana. E’ un bel po’ che gli umani sono molto strani: un giorno li vedi, un giorno spariscono, un giorno li rivedi ma portano una maschera in faccia… che buffi che sono! Chissà per quale motivo lo fanno?
Focsi li evita finché è possibile, ma il fiuto e la vista volpina non mentono: c’è qualcosa nell’aria che non va! Lei non perde occasione per pensare al momento in cui si è separata da Gipsi, il suo compagno di sempre, partito in cerca di fortuna verso il quartiere cinese grazie ad un passaggio “a scrocco” procuratogli dal cugino Bocsi. Il cugino è da sempre indaffarato in cose strane: lui non ne parla, ma il risultato comunque è visibile. Le cose che porta dalla zona cinese hanno un colore ed un sapore sempre strano e diverso!
Un paio di volte Gipsi ne aveva parlato in termini trionfali, altre invece lo aveva stroncato sul nascere. Focsi, da par suo, aveva sempre provato a dissuadere il compagno da questi viaggi della speranza, aveva sempre preferito le cibarie di zona che, anche se in quantità minore, avevano garantito la sopravvivenza della famiglia negli anni.
“Gi, noi stiamo bene con poco, i ragazzi crescono bene e nei paraggi si trova sempre l’avanzo dei pranzi dei vicini o la gallinella sperduta o l’uccellino stanco. Perché devi rischiare un viaggio pericoloso in quella zona sconosciuta? Tutti ne parlano male e nessuno conosce bene quello che fanno laggiù! Lascia stare il cugino Bocsi, non mi fido e non mi piace!”
” Gi, non mi fido di quei cinesi, ogni volta che porti cibo dal loro quartiere qualcuno di noi sta male per giorni, non andare, non fidarti di Bocsi”
L’ultima volta però, vuoi per la crisi, vuoi per i cambiamenti di cui sopra, Gipsi aveva deciso di seguire il cugino per un viaggio risolutivo: un viaggio dove far scorta di viveri per settimane e, con l’inverno rigido già arrivato, Focsi non aveva potuto più trattenerlo. I due cugini avevano lasciato le rispettive tane già da 10 giorni e ora l’attesa del loro ritorno diventava ogni ora sempre più ansiogena.
“Tu umano non potresti certo capire: come fanno le volpi a comunicare quando sono lontane? Mica hanno quella scatoletta “millecolori” e “millefunzioni” di cui sembra tu uomo non possa farne più a meno! A volte la porti alle orecchie, a volte alla bocca, a volte ci parli, a volte la rimiri specchiandoti e cliccandoci un tasto… per poi rimirarla e decidere se rispecchiarti o ri-cliccare. Pare che tale scatoletta serva anche a comunicare la propria posizione a chi ti cerca, ma pare serva anche a sentire le voci di chi vuoi tu o le musiche o i video… che cose strane che fai! Oh uomo!”
Insomma Focsi, senza scatolette del genere, non conosce da 10 giorni la posizione di Gipsi, né può immaginare quando questi tornerà a casa-tana. Non è bello tutto ciò, ma lei è una volpe in gamba e anche in passato se l’è cavata egregiamente da sola, anche coi pargoli più piccoli.
Oggi col bel freschetto mattutino, è piacevole trotterellare tra campi e distese erbose, anzi nei punti conosciuti e già testati, meglio una bella sgroppata a quattro zampe, tonificante e scacciapensieri.
Il mantello rosso fuoco di Focsi fa pendant col verde acceso dell’erba e col blu vivace del cielo.
Arrivata nei pressi di Vennerel Park, Focsi decide di dare uno sguardo ad un uliveto dove in passato aveva trovato più volte di che nutrirsi. Non solo, lì aveva anche trascorso del tempo “spensierato” con Gipsi, sia in primavera con l’erba verde altissima a nasconderli dagli sguardi indiscreti degli umani, sia in inverno con più frequenza visto la maggiore oscurità giornaliera della stagione fredda. Bisogna sempre evitare brutti incontri con l’umanoide di turno, spesso non incline alle buone maniere, figuriamoci in questo periodo così strano e da decifrare. Prudenza quindi, sempre!
Stavolta però Focsi non ha nessun dubbio, non rimanda la perlustrazione nonostante fosse mattina e nonostante la giornata limpidissima di sole avrebbe potuto farla scorgere anche a distanza da chiunque.
Un istinto la guida e lei non oppone resistenza alcuna!
In giro nei paraggi non sembra esserci nessuno… solo i classici rumorini di campagna e qualche uccellino vagabondo qui e là!
Prato verde e rugiada mattutina completano l’opera d’arte… bello, bello davvero… Focsi però, se ce ne fosse bisogno ricordarlo, non ha quella scatolina magica dell’umano di turno, con cui fare la foto del panorama che le si presenta dinanzi! Proprio per questo, rimane immobile a fissare il “quadretto” qualche secondo in più: “che bello, quanto vorrei farlo vedere ai cuccioli e quanto vorrei che Gipsi fosse qui!”
In questa “immobilità” è facile farsi trasportare dai pensieri e dai ricordi belli… il mondo si ferma per un “prolungato” istante e tu… rivivi un film già visto che, come l’ultima volta, ti riporta indietro nel tempo e ti riempie di emozioni.
Ad un tratto però, ecco il latrato di avvertimento del cagnaccio chiuso nel terreno attiguo all’uliveto: Focsi si desta dal suo piacevole torpore e di colpo con balzo reattivo trova riparo dietro una siepe di rovi. Un lampo… una folgorazione… un attimo di… una macchia rossa…
Trovato subito un buon nascondiglio, Focsi ha così modo di studiare la situazione e decidere indisturbata il da farsi: attendere che il cane smetta di abbaiare e, in assenza di umani, svignarsela. Ma… la sensazione fugace di prima torna prepotentemente a tormentarla. Una macchia rossa.
Cosa era? Una macchia rossa a fior di erba vicino all’ulivo più grande dall’altra parte della siepe. Che sarà mai?
Con emozioni contrastanti a far ping pong, decide di avvicinarsi quatta quatta come meglio non avrebbe potuto infischiandosene del cane. Con in testa un chiodo fisso e nel cuore un incessante tamburello, Focsi guadagna metri su metri, passo dopo passo, zampa dopo zampa, la meta si avvicina, una siepe ancora e da li…
La visione… il cuore si ferma… il sangue gela… il sole si spegne…
La macchia rossa è lì davanti a Focsi…
La macchia rossa è sull’erba inerme…
La macchia rossa è Gipsi…
La macchia rossa non è più Gipsi…
Un essere maligno invisibile, perverso, virulento…
Ha rubato la vita al suo compagno per sempre!
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