“Il Sovranismo e Trump” di Gaetano Riggio

Uno "Spunto Letterario", con tema attuale così divisivo, a cura del professor Gaetano Riggio

Lo Spunto Letterario
di Gaetano Riggio


Il Sovranismo e Trump

In astratto, il sovranismo potrebbe apparire un arcaismo del passato. Il processo della globalizzazione, inteso come libera circolazione di persone, merci, capitali, ci induce a pensarla così, e a ignorare però i limiti di questi movimenti, che possono diventare caotici. I fallimenti tragici non mancano. Il caso di Israele è l’esempio più attuale.
Per risarcire gli ebrei dell’olocausto abbiamo loro concesso di emigrare in milioni in Palestina. Non pare però che la popolazione locale abbia metabolizzato l’onda d’urto del loro ritorno (aliyah), né dal crogiolo è nato un nuovo ordine pacifico in quell’area del mondo. Abbiamo invece due identità etniche e religiose che si fronteggiano, paranoicamente ossessionate dalla paura reciproca. Attanagliati dall’angoscia di essere un giorno soverchiati dai palestinesi, gli israeliani ora puntano alla pulizia etnica anche per mezzo del genocidio, per realizare uno Stato “puramente” ebraico, omogeneo al suo interno. (Deriva razzista e nazista del sionismo!)

Ma l’arabofobia e l’islamofobia non sono prerogative di Israele. Sono sentimenti diffusi in Europa, alla radice del successo del populismo sovranista di destra di Partiti politici come il francese Rassemblement national, il tedesco Alternative fur Deutschland, l’italiano Fratelli d’Italia, e tanti altri ancora.
Il loro successo è il più chiaro sintomo che non vi è stata nè assimilazione nè integrazione della popolazione arabo – musulmana emigrata in Europa nel Secondo Dopoguerra.
Mentre le popolazioni europee si sono laicizzate a marce forzate, emancipandosi nel bene e nel male dalle loro radici storiche (cristianesimo, morale e costumi tradizionali, radicamento comunitario), quel che rimane della loro identità si sente sempre più minacciato dai profondi mutamenti della composizione etnica soprattutto dei centri urbani, dove le comunità degli immigrati o conservano un forte senso della loro identità o vivono il travaglio del disadattamento e delle devianze connesse (criminalità, radicalizzazione fondamentalista, etc.).
Piuttosto ottusamente, pretendiamo che vivano come noi, che introiettino la morale fluida e religiosamente apatica, tipica dell’occidentale medio. Ma questo non può avvenire in tempi brevi, e i partiti populisti di destra hanno facile gioco ad alimentare il disagio, e il conflitto, e a trasformarlo in rendita e consenso elettorale tendenzialmente maggioritario.
Purtroppo lo stesso richiamo alle tradizioni e al senso di comunità dei Partiti di destra è un fenomeno piuttosto superficiale, più reattivo rispetto alla brutalità dei cambiamenti dovuti ai flussi migratori e al ritmo frenetico dell’economia globalizzata, che sintomatico di una svolta. Ci si ricorda del Natale, quando vediamo che i musulmani festeggiano il Ramadan in modo ufficiale nelle città europee con tanto di patrocinio da parte dei Comuni! Per il resto, ormai ci si augura Buone Feste, e non Buon Natale, e gli stessi sovranisti non possono farci nulla!

Il disagio per il libero flusso migratorio, che ha radici antropologiche che i liberal sottovalutano, è moltiplicato dal correlativo disagio economico dei ceti operai e medi colpiti dalla deregolamentazione neoliberista e globalista. Autoctoni e immigrati competono al ribasso nel mercato del lavoro sempre più difficile, i ceti medi si impoveriscono a causa del trionfo della grande distribuzione, mentre una parte degli immigrati, anche perché molto motivati, ha successo: è facile prendersela con loro, a questo punto, il che acuisce l’ostilità e la diffidenza, e il cerchio si chiude.
Il trionfo di Trump, negli USA, è la conseguenza delle dinamiche che abbiamo descritto. Certo, l’estraneo preso di mira oltreoceano non è tanto il musulmano, quanto piuttosto l’ispanico e il messicano, con tanto sangue indio nelle vene. Ma la percezione diffusa è il pericolo di una disintegrazione del collante identitario statunitense a causa dell’immigrazione, e il terrore, che però è anche realtà, di essere scalzati dagli immigrati nel lavoro e nella collocazione sociale (competizione socioeconomica tra autoctoni e nuovi arrivati).

La globalizzazione è soprattutto un fatto di mercato: creare un mercato globale, dove la fanno da padroni i soggetti economici che operano globalmente ( finanza, multinazionali). Questi soggetti non guardano ai drammi che un mercato deregolamentato globale provoca tra milioni e milioni di persone (flussi migratori, delocalizzazioni, abbassamento dei salari, etc.). Una globalizzazione solo economica, e non politica, crea solo nuove oligarchie transnazionali, a cui i popoli si ribellano. Purtroppo la sinistra tradizionale ha abbracciato la globalizzazione capitalista come se si trattasse di chissà quale internazionalismo emancipatorio, e così ha perso il contatto con il popolo, a vantaggio della destra populista e razzista.

Gaetano Riggio


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Carletto Romeo