“Il Sesso Nel Mondo Moderno” di Gaetano Riggio

Il punto di vista "Antimoderno" del filosofo di destra Julius Evola, esposto per citazioni, tratte dall'introduzione a "La Metafisica del sesso".

Lo Spunto Letterario
di Gaetano Riggio


Il punto di vista “Antimoderno” del filosofo di destra Julius Evola, esposto per citazioni, tratte dall’introduzione a “La Metafisica del sesso”.

“La parte che il sesso ha nella civiltà attuale è nota ad ognuno, tanto che oggi si potrebbe ben parlare di una specie di ossessività del sesso. In nessun’altra epoca donna e sesso sono stati così in primo piano. In mille forme donna e sesso dominano nella letteratura, nel teatro, nel cinema, nella pubblicità, in tutta la vita pratica contemporanea.

In mille forme viene presentata la donna per attirare e intossicare sessualmente senza cessa l’uomo. [..] Di questa moderna pandemia del sesso va messo in risalto il carattere di cerebralità. […] Il sesso oggi ha piuttosto imbevuto di sé la sfera psichica producendovi una costante, insistente gravitazione verso donna e amore. E’ così che si ha un erotismo come tono di fondo sul piano mentale con due caratteristiche salienti: anzitutto il carattere di una eccitazione diffusa e cronica, quasi indipendente da ogni soddisfacimento fisico concreto, perché permane come eccitazione psichica; in secondo luogo, e in parte come conseguenza di ciò, tale erotismo può coesistere perfino con una apparente castità.

[…] è caratteristico il fatto che al sesso si pensi assai più oggi che non ieri, quando la vita sessuale era meno libera, quando … di rigore ci si sarebbe dovuto attendere proprio quella intossicazione mentale che invece è tipica dei nostri giorni.
Per il secondo punto […] Si tratta di quelle ragazze moderne nelle quali l’esibire le proprie nudità, l’accentuare tutto ciò che può presentarle come esca all’uomo, […] costituiscono l’interesse principale, e danno loro un piacere trasposto preferito a quello specifico dell’esperienza sessuale normale e concreta, fino a provocare, per questa, una specie di insensibilità, e, in certi casi, perfino di nevrotica ripulsa. […]

La diffusione pandemica dell’interesse per sesso e donna contrassegna ogni era crepuscolare e questo fenomeno nell’epoca moderna è dunque fra i tanti che ci dicono rappresentare tale epoca, appunto la fase più spinta, terminale, di un processo regressivo. Testa, petto, e parti inferiori del corpo sono, nell’uomo, le sedi, rispettivamente, della vita intellettuale e spirituale, degli impulsi dell’animo che vanno sino alla disposizione eroica, infine della vita del ventre e del sesso. In corrispondenza, si hanno tre forme prevalenti d’interesse, tre tipi umani, tre tipi – si può aggiungere – di civiltà.

E’ evidente che oggi, per regressione, si vive in una civiltà nella quale l’interesse predominante non è più quello intellettuale o spirituale, non è più nemmeno quello eroico, o comunque riferentesi a manifestazioni superiori dell’affettività, ma e’ quello sub – personale determinato da ventre e sesso. […]
Un’altra testimonianza ci e’ data dall’antica tradizione indù delle quattro età del mondo, nella sua formulazione tantrica. Una caratteristica fondamentale dell’ultima di tali età, della cosiddetta età oscura (Kali – juga) sarebbe che in essa Kali si è destata – cioè scatenata – interamente tanto da avere tale epoca sotto il suo segno. […]

Per ora, vi è solo da constatare la pandemia del sesso come uno dei segni del carattere regressivo dell’epoca attuale: pandemia, la naturale controparte della quale è quella ginecocrazia, quella tacita preminenza di tutto ciò che, direttamente o indirettamente, è condizionato dall’elemento femminile. […] Ciò che, in questo speciale contesto, verrà messo in luce in fatto di metafisica e di uso del sesso potrà pertanto solo servire per marcare un’opposizione, per fissare alcuni punti di vista, conoscendo i quali si renderà direttamente sensibile, anche in questo dominio, la caduta di livello interiore dell’uomo moderno.”

ALCUNE CONSIDERAZIONI A COMMENTO.

Secondo Evola, viviamo in un’epoca crepuscolare, di decadenza, di declino, di crisi dei valori morali – si direbbe -, secondo un’interpretazione e una lettura dei tempi della storia tipiche del pensiero e della cultura politica di destra (ma non si pensi alla Meloni, mi raccomando!).
Sia pure a livello di slogan, o per rimarcare una distanza dalle tendenze di fondo del nostro tempo, o una visione della società alternativa a quella vigente in Occidente, i Partiti politici di destra (conservatori, tradizionalisti, di ispirazione religiosa) si avvalgono tuttora di questi concetti di critica della civiltà, che applicati alla geografia politica attuale non solo ripropongono la vecchia divisione tra Occidente e Oriente, ma evidenziano delle incrinature interne all’Occidente medesimo: tra paesi conservatori come Polonia e Ungheria e il resto dell’ UE, ad esempio.
Evola allude al suddetto declino anche con il termine regressione, e lo chiarisce ricorrendo a costrutti mitici, occidentali e orientali.

La regressione è letteralmente un tornare indietro, un ridiscendere dall’alto verso il basso, dalle parti superiori del corpo (capo e petto) alla parte inferiore (ventre e sesso), con la conseguenza che il focus dell’interesse umano, quello che gli conferisce il tono, e lo stile, è troppo unilateralmente concentrato sul fattore subconscio e subpersonale, con un effetto di stonatura, di disarmonia, che marca di volgarità l’estetica contemporanea, compresa quella femminile.
Infatti, nella rappresentazione del bello femminile, a livello mediatico – ma anche nella moda e nel costume – la risultante della composizione sei tre vettori (capo, petto, ventre e sesso), cade troppo in basso: e in questo consiste la volgarità, ma anche la banalità, dell’estetica di massa attuale.

Se teniamo conto che la prima edizione di quest’opera è del 1958, e se riusciamo a valutare il presente non del tutto senza una certa dose di memoria storica del passato recente, sottraendoci alla trappola della full immersion nell’oggi, che ottunde lo spirito critico e la capacità di misurare i profondi cambiamenti della mentalità intercorsi nell’ultimo mezzo secolo, avvertiamo tutta la profondità del giudizio del nostro filosofo, e la sua potenza esplicativa delle degenerazioni del nostro tempo: la pandemia del sesso, la pornificazione dei costumi e dei mass – media, l’apatia morale e spirituale che si manifesta altresì in una forma di psicopatia strisciante tra i giovani (vedi il caso del giovane che si libera del “fastidio” della fidanzata incinta uccidendola), nell’idolatria del denaro …

LA CRISI DEL PUDORE, SECONDO J. EVOLA. ULTERIORI CITAZIONI.

“Che oggi sia rilevabile una certa crisi generale del senso del pudore, è cosa ovvia, e indica un fenomeno regressivo. […] Nei suoi aspetti più profondi e autentici, fuori da ogni convenzionalismo, il senso del pudore deriva dal disagio che l’uomo, giunto al livello della civiltà, prova proprio nel mettersi nelle condizioni di un animale, e nel profanare, inoltre, la sua individualità fisica. […] Non è chiara la ragione per cui alle donne moderne piaccia esibirsi sempre meno vestite […] Si sa delle resistenze che, in quasi tutte le epoche precedenti, l’uomo avrebbe incontrato nel volere la nudità, perché allora la donna teneva ad avvolgere in un certo mistero la sua stessa individualità fisica, e quando a ciò non era portata spontaneamente, lo faceva per motivi funzionali, pei vantaggi che il nudo ha in sede privata e eccezionale, rispetto ad un nudo pubblico e come una cosa più o meno corrente.

Vi può essere un piacere di farsi ammirare. […] Ma un altro aspetto del fenomeno presenta una dimensione di “sadismo psicologico”. Lo ha rilevato L. T. Woodward parlando di quelle donne che ‘oggi mettono ben in mostra il proprio corpo, ma fornendolo di un simbolico cartello con la scritta, Vietato toccare. Tormentatrici sessuali di questo tipo si incontrano dovunque: la ragazza che si presenta in bikini ultra ridotti, la signora con provocanti scollature, le ragazzine che per istrada camminano ancheggiando o con minigonne scoprenti tutte le cosce e che desiderano di essere guardate e non toccate, altrimenti sono capaci tutte di indignarsi.’
E’ vero che con la Rivoluzione sessuale in corso questa indignazione spesso è venuta meno; ma se la disponibilità sessuale femminile fosse pari alla provocazione, tutte le città si trasformerebbero in grandi bordelli.”

Nelle righe successive, rifacendosi al pensiero di Bachofen, Evola distingue tre modelli di femminilità:
“Il primo è quello demetrico, […] e corrisponde alla funzione della donna, fanciulla sposa o madre in un sistema monogamico ordinato. Ma nelle forme terminali, di società in dissoluzione subentrano e prevalgono il tipo della donna quale “etèra” e quello della donna amazzonica. Il tipo eterico è il tipo afroditico dalla libera, promiscua sessualità; il tipo amazzonico è invece quello che fa propri tratti maschili e tende ad una sua affermazione.

Ebbene, si può dire che, al giorno d’oggi, questi due ultimi tipi sono largamente rappresentati, e al dominio naturale che si lega al fascino sensuale afroditico si aggiunge l’amazzonismo di un tipo feminile particolare e del suo stile.[…] Vi è una moda femminile recente che a tale riguardo è piena di significato: quella della donna con stivali, e con le parti che in precedenza più nascondeva – le cosce – nude fin quasi all’inguine. E’ la provocazione sessuale unita al tratto “amazzonico”, il quale si tradisce anche in certi abbigliamenti e ornamenti a base di metallo. […]

Un episodio caratteristico merita di essere citato. Una ragazza beat intervistata aveva una minigonna che, nella sua posizione seduta, offriva agli occhi le sue gambe fin quasi alle mutandine. Accorgendosi di essere guardata, come era naturale farlo, in quelle parti del suo corpo, la ragazza se ne uscì con queste parole testuali: ‘Mi guardate le gambe perché siete un matusa vizioso. I nostri compagni non vi badano per nulla’.
Non diremmo che ciò sia edificante. La direzione è quella di un primitivismo e di una banalizzazione da cui, se dovessero prender piede, la sessualità non potrebbe non essere colpita nelle sue dimensioni e nelle sue possibilità più interessanti.”

Da un’altra appendice alla “Metafisica” (“Pudore e puritanesimo peggio che corruzione”) si possono trarre altre citazioni utili, solo in parte ridondanti, sull’argomento in oggetto.

“La crisi del pudore è un fenomeno generale nella civiltà contemporanea ed ha stretta relazione con l’avvento di quello che, in un precedente articolo, abbiamo chiamato l’ideale animale dei nostri giorni, tipico dell’America ma ormai diffusosi un po’ dappertutto.
Visti sotto tale luce, i fatti deprecati sono un indice di qualcosa che, secondo noi, è perfino più preoccupante di ciò che si suol chiamare “corruzione”.

Nell’uomo che, per regressione, ha finito col considerarsi nulla più che una delle tante specie naturali, mettendo il resto a carico di una superata metafisica e teologia, e che quindi ha eletto un ideale tutto fisico della sanità, della forza e della personalità, lo stesso sentimento del pudore doveva necessariamente entrare in crisi. Questa è l’essenza della situazione.
Occorre appena ricordare che in fatto di pudore bisogna distinguere. Vi è un pudore tutto convenzionale […] Ma vi è anche un altro pudore, con radici più profonde, perché la sua origine prima è il disagio che l’essere umano … prova nel mettersi nello stato proprio di un animale. E’ questo secondo pudore, personale e in un certo modo aristocratico, che oggi va sempre più mancando in solidarietà col generale orientamento “fisico” cui abbiamo accennato or ora.
Va mancando, sia negli uomini che nelle donne. […] Negli uomini la cosa presenta un semplice carattere di volgarità e di cattivo gusto. Ma quando si tratta delle donne vi è di peggio.

Si sa che nella donna il pudore … è un ingrediente naturale e fa parte del suo fascino. Infatti solo un essere molto primitivo può sentirsi eccitato da una donna del tutto priva di pudore. Nel vestire, nel comportarsi e via dicendo le donne conducono una sapiente amministrazione (istintiva e innocente, o meno) della pudicizia e dell’impudicizia, rinunciando del tutto al pudore in via privata, intenzionalmente, in situazioni rese interessanti solo per il loro carattere di eccezione e di infrazione.

Ma oggi le cose stanno diversamente. La mancanza di pudore tende ad assumere i tratti di una cosa “naturale” e quasi casta, afunzionale, abituale e pressoché pubblica. Così va a testimoniare – e a propiziare – una diminuita tensione, e per l’appunto l’ottusità propria dell’ideale animale. Ecco perché dicevamo che qui il moralismo non c’entra; anzi, a rigore, i punti di vista si invertono.
Chi volesse combattere il potere elementare del sesso dovrebbe perfino augurarsi che il fenomeno accennato prenda sempre più piede. L’esibizionismo impudico delle grandi spiagge estive è, in effetti, la migliore delle scuole di castità.[…]

Lungo codesta linea, più che a maggiore corruzione, può dunque attendersi il formarsi di uno sguardo dal quale, alla fine, una giovane donna nuda può essere eventualmente osservata come si osserva un pesce o un gatto siamese con naturalezza, curiosità e estetico disinteresse. E si potrà trovare, questo, sano. La controparte è un certo cameratismo, lo stare insieme di ragazze e ragazzi senza arrière- pensées, in natura, come rape e cavoli possono stare in un orto; è il carattere “spregiudicato”, banale e standardizzato che assumono sempre più le relazioni fra i sessi seguendo l’esempio dato per primo dall’America e da alcuni paesi nordici. […]

Così, qui, non è questione nè di “virtù”, nè di “corruzione” né di piccola morale borghese. Abbiamo invece dinanzi a noi dei fatti, il lato interno dei quali, oltre ogni apparenza, e’ una caduta di livello, l’incapacità a coltivare una vita intensa e completa, anzi ad aver per essa un vero interesse. Sono fenomeni di un mondo che s’imbastardisce, malgrado il miraggio di tutte le sue conquiste tecniche, fisiche e sociali.”

COMMENTO ALLE CONSIDERAZIONI DI JEVOLA SULLA CRISI DEL PUDORE.

Il pudore è l’emozione con la quale l’essere umano esprime il disagio verso la propria condizione animale, con la quale si difende da una caduta al livello del ventre e del sesso, pena l’ alienarsi dalle dimensioni che gli sono più proprie, miticamente rappresentate dal petto (manifestazioni superiori dell’affettività) e dal capo (vita spirituale e intellettuale).
(Attenzione: Jevola non propone comunque una forma di ascetismo che nega il corpo, ma un’integrazione delle tre dimensioni, in cui la preminenza appartiene alla dimensione spirituale.)

La conseguenza di questa alienazione è l’affermarsi di un ideale animale, di una forma di naturismo e primitivismo, in cui il sentimento del pudore si spegne, in quanto l’uomo si oblia della sua dimensione spirituale, e si assimila in modo darwiniano alle altre specie. Ma non per forza questa tendenza sfocia nella spudoratezza, in quanto l’esposizione disinvolta delle nudità ha anche un effetto di banalizzazione, che può disinnescare la loro valenza erotica, un po’ come succede oggi con le espressioni verbali oscene, che a furia di essere intercalate con valore interiettivo, hanno perso la loro carica di scurrilità, che tende a farsi latente.

A parte questo possibile effetto anestetizzante della crisi del pudore, un altro effetto è il declino della donna demetrica, e il trionfo della donna afroditica e amazzonica, che valorizza l’attrattività fisica, congiunta a una disinvolta e naturale promiscuità, e a tratti aggressivi ed energici propri della polarità maschile.

Se la crisi del pudore riguarda entrambi i sessi, alcune considerazioni particolari vanno fatte per la donna, in cui il pudore naturale (ma anche amministrato con sapienza) è parte del suo fascino. Il pudore infatti ammanta la donna di mistero, le conferisce un potere seduttivo superiore, non immediatamente appiattito sulla ricerca della soddisfazione sessuale.
Ribadisco comunque che non si tratta di una critica moralistica da parte di J. Evola. Non predica una repressione o una negazione della sfera sessuale, ma un recupero della sua dimensione spirituale, che passa attraverso la sua integrazione con le due dimensioni superiori del petto e del capo.


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Carletto Romeo