Carletto Romeo
Il nostro epitaffio
Mi rotolo nella terra
perché è dalla terra che
viene il mio seme.
Mi bagno nelle acque
del mio pozzo
perché mi disseto
dai miei stessi abissi,
lì dove non arriva
né sole né pensiero.
Mi strapperei le cervella
per darle ai cani.
Li vorrei guardare
divorarmi come vermi,
cibarsi di cattivi sentimenti.
Io soffoco
Le tue dita
mi serrano la gola,
mi fanno male.
Sputo fiamme,
come olio mortale che
brucia la pelle e la scioglie,
un liquido siero viscoso,
pece bollente,
collosa presa opprimente.
Cadrò in preda ad
incubi notturni,
atterrerò nel vuoto
di un tronco cavo,
ombra di qualcosa che
non esiste più.
Io sono il fantasma di me stessa.
Mi trattiene un
filo di ragnatela
poi più niente.
Mentre attraverso l’ignoto
resto sospesa
su quel senso di gravità
che si chiama morale.
E tu mi sognerai ogni notte
perché io sono la tua maledizione.
Lasciami rose e
che siano bianche!
Il lenzuolo scende,
sia calato il sipario.
“La vita non è che
una tragicomica messa in scena”.
Applausi al migliore attore
ed alla sua protagonista.
Lo spettacolo è finito.
Si accendano le luci,
surreale ritorno
alla quotidianità,
occhio di bue
su di un giorno normale.
Saremo stati gli spettatori tristi
di noi stessi, per vedere scritto
pagando persino il biglietto
il nostro epitaffio.
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