Guerra Russia Ucraina

Una conseguenza “postuma”della frantumazione dell’Unione Sovietica, e dell'espansionismo Atlantico.
La guerra tra Russia e Ucraina, una conseguenza “postuma” della frantumazione dell’Unione Sovietica e dell’espansionismo atlantico.

Lo scadimento dell’informazione a propaganda di guerra.

Dal punto di vista occidentale, voglio dire dell’Europa e degli Stati Uniti, ogni argomentazione che tenti di modificare la narrazione dominante sull’invasione russa dell’Ucraina per mezzo di “se” e di “ma” che introducano punti di vista alternativi, o più modestamente complementari o correttivi, viene subito attaccata come pretestuosa, e affetta da pericoloso o addirittura “sovversivo” filo – putinismo. 

D’altronde si capisce: quando c’è una guerra o un conflitto, non è detto che la verità serva la causa della vittoria, perché la menzogna o la falsità possono rendere un maggior servigio. 

Quello che viene accreditato come vero, se conferma la versione ufficiale su chi ha ragione e chi ha torto, se ha un effetto motivante sugli attori in campo, che combattono e muoiono, se conferisce un vantaggio tattico, diventa un atto di sabotaggio o di tradimento metterlo in discussione. 

Ovviamente si paga un prezzo, perché può accadere che assieme all’erba cattiva si bruci anche quella buona, cioè si sacrifichino quelle verità o punti di vista alternativi che possono tornare utili alla luce dell’evoluzione degli eventi. 

Una certa dialettica delle opinioni, serve pure in guerra, purché non abbia un effetto paralizzante, e segna un altro punto a favore della democrazia, intesa come pluralità di opinioni e punti di vista. 

Che cosa non convince della narrazione ufficiale.

Che cosa può non convincere nella narrazione dominante, che procede secondo lo schema aggressore – aggredito, corredato dall’imperativo etico – politico logicamente conseguente di soccorrere la vittima, costi quel che costi? 

In primo luogo, non convince il fatto che si tralascia di interrogarsi e quindi di indagare sul rapporto intercorre, ed è intercorso, tra aggressore e aggredito, analogamente a quanto fa un giudice quando deve decidere della gravità di un’aggressione, che il codice penale classifica secondo diverse fattispecie, che variano dal preterintenzionale al premeditato, con tutto quello che è compreso tra i due estremi. 

I Legami storici tra Russia e Ucraina

Occorre sapere che aggressore e aggredito sono due Stati di recente proclamazione (1991), che per almeno tre secoli hanno fatto parte di un unico Stato imperiale (dal 1654 al 1991). 

Dal 1654 al 1917, Russia e Ucraina sono stati le due principali componenti dell’Impero zarista, dal 1918 al 1991 le due principali repubbliche socialiste sovietiche dell’URSS. 

Le circostanze torbide e caotiche nelle quali è avvenuta la separazione tra le due “repubbliche sorelle”, non hanno se non in minima parte sciolto i legami storici complessi di ordine materiale e simbolico che inevitabilmente hanno creato nel corso del tempo un vincolo stretto che un atto formale (quello della dichiarazione di indipendenza, fatto nel chiuso di una fortezza da tre ambiziosi e avventati leader) non poteva illudersi di consegnare al museo della storia. 

Una ferita che ancora sanguina. “Un passato che non passa” 

Se ci riflettiamo, stupisce non tanto il fatto che tra russi e ucraini sia scoppiata una guerra fratricida (alla luce del semplice ma eloquente dato che tra i due popoli, etnicamente assai affini, esistono legami e vincoli secolari), quanto piuttosto che i contraccolpi tragici di quella traumatica e problematica separazione si siano manifestati con un ritardo trentennale, alimentando nel frattempo nell’opinione pubblica nostrana l’illusione che il crollo dell’URSS avesse ormai dispiegato i suoi effetti fausti e infausti, e dunque fosse ormai alle nostre spalle, nell’inerzia dei fatti storici ormai spirati, spenti come la cenere. 

Non è invece affatto così. Quel crollo è un’immane ferita ancora sanguinante. 

Per la Russia e per i russi, infatti, l’Ucraina è una parte del corpo della grande nazione slava orientale e ortodossa, dalla quale gli Stati Uniti (e i loro alleati) stanno cercando, con un’aggressività ora morbida ora dura, di staccarla, fino ad una completa e (dal loro punto di vista) aberrante amputazione, che sarebbe arrivato il momento di contrastare con ogni mezzo. 

Non ogni dare, non ogni avere era stato regolato, dall’Accordo di Belavezha dell’8 dicembre 1991 tra i leader di Russia, Bielorusssia e Ucraina, con il quale apposero la parola “fine” sulla bandiera dell’URSS. 

D’altronde, lo stesso Gorbacev, qualche anno dopo, contestò la legittimità di quel che era stato deciso da El’cin per la Russia, Kravcuk per l’Ucraina, e Suskevic per la Bielorussia: 

«…Il destino di uno Stato multinazionale non può essere determinato dalla volontà dei leader di tre repubbliche. La questione dovrebbe essere risolta solo per vie costituzionali con la partecipazione di tutti gli stati sovrani e considerando la volontà di tutti i loro cittadini. La frase secondo la quale le leggi cesserebbero di avere validità è illegale e pericolosa; può soltanto peggiorare lo stato di caos e anarchia. La fretta con cui il documento è apparso è anch’essa un’ulteriore preoccupazione. Questo non è stato discusso dalla popolazione né tantomeno dal Soviet Supremo delle Repubbliche nel cui nome è stato stipulato. Ancora peggio, il documento è stato presentato mentre la bozza di un trattato per l’Unione di Stati Sovrani, preparato dal Consiglio di Stato dell’URSS, era in discussione presso i Parlamenti delle Repubbliche.» (M. Gorbacev, On my country and the world) 

La nostalgia dell’impero, e la tutela dello spazio geopolitico della Russia. 

Nell’ordine della contestazione di quel risultato rientra sia la nostalgia dell’Impero, che è un sentimento forte tra i russi, che la rivendicazione dello “status geopolitico naturale della Russia”, da restaurare in tre fasi, secondo una convinzione, dopo la fase el’ciniana di umiliante declino e svendita dell’Impero, che riguadagnando un ampio consenso ha infine trovato in Putin l’uomo forte intento a realizzarla.

“La prima fase è il consolidamento interno”, che potrà fare leva sulle “forze patriottiche e popolari del paese [che] si sono sempre opposte decisamente all’allargamento della NATO in quanto minaccia alla sicurezza della Russia.” 

Continuando a citare il leader del nazional – bolscevismo russo G. A. Zjiuganov, da un suo scritto del 1998 (Geografia della vittoria. I fondamenti della geopolitica russa), del quale riporta alcuni stralci la Rivista “Limes”, nel numero del novembre 1998 (“La Russia a pezzi”), la seconda fase è quella della “raccolta delle terre”.  

Secondo Zjuganov, che qui riporta un punto di vista tipicamente russo, l’evento cruciale, a questo riguardo, “è stato senza dubbio l’unione dell’Ucraina alla Russia, avvenuta nel 1654. Questa riunificazione di due popoli fratelli o, per meglio dire, di due parti di uno stesso popolo, è stato un potente stimolo allo sviluppo dello Stato.” 

I “tre rami del popolo russo hanno costituito la spina dorsale del potente Stato russo. Oggi l’unitaria civiltà russa è nuovamente spaccata in tre parti. Ma ciascuna di esse da sola è condannata a vegetare. Cosicché il problema di una nuova riunificazione con l’Ucraina e con la Bielorussia non è solo l’inizio del ritrovamento da parte della Russia del proprio status geopolitico naturale. In sostanza, è il problema della nostra forza vitale. Da come esso verrà risolto dipenderà se la nostra patria debba essere ciò che è sempre stata: una civiltà unica, originale e indipendente. Proprio per questo il nuovo obiettivo strategico – dopo il consolidamento interno di tutte le forze politiche sane- è quello di un nuovo ricongiungimento di Ucraina e Bielorussia alla Russia.” 

Finita miseramente la fase el’ciniana, la riproposizione a vari livelli della questione della “raccolta delle terre”, cioè della riunificazione dei tre rami, russo, ucraino e bielorusso, è il sintomo più chiaro che la dissoluzione dell’Urss, il crollo della statura imperiale della ex Russia zarista, non era affatto un capitolo chiuso, una partita che era stata già irreversibilmente persa. 

D’altra parte, non si chiudono i conti con il passato da un giorno all’altro (e trenta anni nel tempo lungo della storia equivalgono a giorni), soprattutto se vi sono questioni aperte e legami vivi, che non si possono rescindere se non traumaticamente, ma anche con effetti imprevedibili.

Inoltre, già nel 1998, il sogno di un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali, caldeggiato da Gorbacev, da El’cin, dal circolo liberale russo e altri europeisti occidentali, ma decisamente osteggiato dalla geopolitica statunitense, era già svanito.

Per giunta, l’allargamento a Est della NATO, che tradiva gli impegni presi da USA e Europa con la Russia alla caduta del muro di Berlino, non solo riconfermava e approfondiva le divisioni interne all’Europa, ma convinceva la Russia della necessità di difendere la sua sicurezza e i suoi interessi opponendosi a ogni ulteriore penetrazione occidentale.

Alcuni nodi non facilmente risolubili nei rapporti tra Russia e Ucraina. 

Richiamo soltanto alcune intersezioni tra Russia e Ucraina, che prima o poi avrebbero potuto destabilizzare i confini statuiti nel 1991. 

Prendiamo lo status della Crimea. Questa regione, affacciata sul Mar nero, fa parte dell’Ucraina soltanto dal 1954, quando il segretario del PCUS, nonché presidente dell’URSS, Nikita Chruscev, gliela donò togliendola alla Repubblica russa, come segno di eterna amicizia tra i due popoli fratelli. 

E’ chiaro che solo all’interno dello spazio “imperiale” sovietico un tale atto aveva senso, oltre ad essere funzionale a intrecciare legami e destini tra membra distinte di uno stesso spazio statuale federativo. 

Faccio presente che il 90% degli abitanti della Crimea sono russi, legati alla Russia, un dato di cui il nuovo Stato ucraino avrebbe dovuto tenere debitamente conto. 

La Crimea è dunque regione di intersezione, che lega l’Ucraina alla Russia anche dopo il 1991, che sarebbe potuta diventare oggetto di contesa, soprattutto in caso di pesanti interferenze esterne in funzione antirussa. 

Un discorso analogo vale per l’Ucraina orientale, in particolare per la regione del Donbass, abitata prevalentemente da russi, nella quale era stata più intensa l’osmosi lungo il confine e la compenetrazione con la Repubblica russa. 

In realtà, una buona parte dei russi non hanno mai smesso di rivendicare queste regioni come parti integranti della Madre Russia, né gli ucraini russofoni hanno smesso di sentirsi russi, in tutto o in parte. 

Prendiamo ancora un’altra grave questione. La Crimea è l’unico vero accesso al Mediterraneo di cui la Russia possa disporre. Tanto è vero che il porto crimeano di Sebastopoli è stato affittato alla flotta russa dall’Ucraina, che dunque potrebbe privarla di un porto di attracco per la sua flotta militare, qualora decidesse di non rinnovare la locazione. 

L’imperatico strategico americano secondo G. A. Zjuganov, Z. Brzezinski, G. Friedman. 

Ma quali sono, secondo Zjiuganov, i principali ostacoli alla riunificazione dell’Ucraina con la Russia? 

“Le cause sono molte, ma principalmente due. Una esterna: il desiderio degli Stati Uniti e dell’Europa di staccare completamente l’Ucraina dalla Russia e farne un cuscinetto tra l’Europa e l’”imprevedibile” Mosca. E una interna: l’orientamento antirusso di una certa parte dell’attuale élite ucraina.” 

Zjuganov individua chiaramente l’imperativo strategico americano non solo di impedire la riunificazione, ma addirittura di allontanare l’Ucraina dalla sua storica collocazione, per integrarla in un fronte occidentale antirusso, esteso fino a qualche centinaio di chilometri da Mosca. 

Ecco le testuali parole di Zjuganov: 

“I politologi americani dichiarano apertamente che vorrebbero vedere l’Ucraina integrata nelle strutture transatlantiche ed europee. Nella loro concezione, l’Ucraina opposta alla Russia deve diventare la migliore garanzia contro la rinascita imperiale della russa. Per questo gli Stati Uniti cercheranno in tutti i modi di sottrarre l’Ucraina, con una popolazione di 50 milioni di abitanti, alla Russia, che di milioni di abitanti ne ha 150.” 

E’ probabile che Zjuganov avesse in mente il politologo. nonché consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti negli anni 1977-1981, Z. Brzezinski, che in un saggio dello stesso anno (Br., La grande scacchiera, Longanesi, 1998), scrive: 

“Ma se Mosca riconquista il controllo dell’Ucraina, coi suoi 52 milioni di abitanti e grandi risorse naturali, oltreché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente riconquisterà le condizioni che ne fanno un potente Stato imperiale esteso fra Asia ed Europa”. (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Secondo Gabellini, il consulente strategico della Casa Bianca Z. Brzezinsky si rifà alle osservazioni di “Paul Rohrbach, che fin dai primi anni del XX secolo aveva parlato della necessità di circoscrivere il presunto pericolo portato dalla Russia all’intera Europa. Per scongiurare questa minaccia, Rohrbach riteneva indispensabile creare uno scisma artificioso, indottrinando i russi residenti in Ucraina all’odio nei confronti della Russia mediante un notevole sforzo propagandistico che li istigasse a ribellarsi contro le élite dominanti moscovite.” (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Gabellini osserva come la strategia di Rohrbach abbia fatto scuola, e sia stata ripresa e sviluppata nel corso del tempo, per ultimo dalla Cia, “che mira in tutta evidenza a sventare il pericolo dato dalla realizzazione dello scenario delineato dal grande geografo Halford J. Mackinder, ovvero una convergenza cooperativa tra Russia e Germania fondata sul reciproco interesse e dettata dalla necessità del poderoso comparto industriale tedesco delle materie prime presenti in grandi quantità entro i confini russi. (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Dunque sarebbero due i supremi interessi strategici americani, ma non necessariamente europei: staccare l’Ucraina dalla Russia, ricorrendo agli strumenti della guerra “incruenta”, che dunque non sembra tale, fatta di propaganda, appoggio alle componenti più visceralmente antirusse della società ucraina, e così via; e sventare ogni possibile integrazione tra Germania e Russia, in quanto pericolo mortale per gli interessi degli Stati Uniti, come ammesso da George Friedman, “che può essere considerato un esponente di grande rilievo dello ‘Stato profondo’ degli Usa:  

“per gli Usa la paura primordiale è rappresentata dall’unione tra il capitale e la tecnologia tedesca con le risorse e la manodopera russe; si tratta della sola combinazione in grado di suscitare per secoli il timore degli Stati Uniti”. (Discorso tenuto il 04 febbraio 2015 in occasione del Chicago Council on Global Affairs) (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Alla luce di queste considerazioni geopolitiche prende chiara luce l’isterismo americano contro gli stretti rapporti economici tra UE e Russia, e il loro tentativo di boicottare in particolare il Nord Stream 2, un tentativo andato in porto il 22 febbraio 2022 con l’invasione russa, che sia pure a malincuore ha costretto la Germania a sospendere l’inaugurazione del gasdotto. 

La leva dell’odio per staccare l’Ucraina dalla Russia, e le sue conseguenze nefaste. 

La strategia americana ha fatto dunque leva sulle divisioni interne alla società ucraina, sull’odio atavico degli ucraini occidentali contro i russi, trasformandolo in un’arma formidabile con la quale combattere la sua guerra per procura. Si tratta di un’ipotesi più che plausibile, alla luce dei dati storici e del ragionamento. D’altronde lo riconosce lo stesso Zjuganov: 

“Il fattore interno che ostacola la riunificazione tra Russia e Ucraina è l’orientamento apertamente propagandistico di una certa parte dei politici ucraini, che fanno leva sugli umori sfrenatamente antirussi dei nazionalisti ucraini. […] Inoltre, i mass media ucraini fanno della Russia l’immagine del nemico. Il maggior successo sul mercato politico ucraino arride alle opere dei rappresentanti dell’intelligencija nazionalista, in primo luogo degli originari della Galizia, animati da umori ostili nei confronti della Russia.” 

E’ una carta, quelle della possibile disintegrazione etnica dell’Ucraina da usare in funzione antirussa, che gli USA tenevano in serbo, per giocarla al momento opportuno, come risulta da un rapporto della CIA del 1966, riportato da Gabellini: 

“Su questa discordanza di visioni si è giocato e continua a giocarsi il futuro del Paese. Ne è pienamente cosciente la Cia, che nel lontano 1966 aveva compilato un documento – ora declassificato – basato sugli studi di un gruppo di lavoro coordinato da Richard Helms, che di lì a poco avrebbe assunto le redini dell’agenzia, e Marshall Carter, allora direttore della National Security Agency, in cui si legge che 

«il processo di “russificazione” ha raggiunto in Ucraina orientale, soprattutto nelle città, un livello superiore a quello ottenuto da Mosca in ogni altro territorio dell’Urss, ma i sentimenti sciovinisti sono ancora molto forti nelle campagne e nelle regioni occidentali lontane dai confini sovietici. […]. Nel caso di una disintegrazione del controllo centrale sovietico, il nazionalismo ucraino potrebbe riaffiorare alla superficie e costituire un punto di riferimento per la nascita di un movimento organizzato di resistenza anti-comunista». (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Non è un caso che il leader del nazionalismo ucraino Stepan Bandera, a capo dell’OUN, l’Organizzazione dei nazionalisti Ucraini che durante la Seconda guerra mondiale collaborò con gli invasori nazisti contro l’Unione sovietica nella prospettiva della creazione di una repubblica ucraina indipendente, fosse reclutato dai servizi segreti tedeschi- di concerto con gli USA -, nonostante i crimini commessi contro ebrei e polacchi, con l’offerta di 

“lavorare a Monaco di Baviera per Radio Svoboda-Radio Free Europe, affinché incitasse la popolazione ucraina a sollevarsi contro l’Unione Sovietica. Bandera accettò entusiasticamente di mettersi alle dipendenze di Gehlen, conducendo una feroce guerra psicologica contro Mosca che si protrasse finché (1959) il Kgb non decise di eliminarlo con un pacchetto di sigarette avvelenate. (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura (Italian Edition). Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Il legame del nazionalismo ucraino con il nazismo, e l’appoggio e la protezione degli USA ai suoi militanti, anche grazie all’attività di lobbying della comunità degli emigrati ucraini, non si sono mai interrotti, nemmeno nei decenni successivi, e sono anzi stati attivati potentemente, e con un formidabile salto di qualità, a ridosso degli eventi del 2014, che hanno segnato una svolta nella storia dell’Ucraina, e dell’Europa. 

Gli effetti nefasti sono stati diversi: mentre intensificavano il sentimento di appartenenza nazionale degli ucraini intorno a valori e simboli condivisi quali lingua, eventi storici fondanti, discutibili figure eroiche, usanze eccetera; dall’altra, hanno scavato un solco sempre più profondo di estraneità, diffidenza, discriminazione e purtroppo odio contro quanti sono risultati refrattari o ostili al processo di ucrainizzazione, in primo luogo i russofoni delle regioni meridionali e orientali. 

Accenniamo al fatto che la culla del nazionalismo ucraino sono le regioni occidentali dell’odierna ucraina, in particolare la Galizia, che ha dato i natali a Stepan Bandera, e a tutto il movimento politico nazionalista. 

Un nazionalismo così acceso e a tinte fosche, con tratti discriminatori, non poteva non produrre esiti di nazificazione della società – come sostengono i russi -, in quanto il nazifascismo ha come caratteristica l’identificazione del cittadino con il membro del corpo della nazione, vale a dire stabilisce come prerequisito di cittadinanza l’appartenenza etnica, con l’esclusione di tutti gli altri. 

Come si è detto, se il diverso era l’ebreo per il nazionalsocialismo tedesco; per un certo nazionalismo ucraino a tinte fosche, l’ebreo è il russo. 

Questa involuzione è stata comunque funzionale alla geopolitica americana, che mirava a staccare traumaticamente l’Ucraina dall’orbita di influenza della Russia, ed ha portato dritto a tre conseguenze: alla presa del potere da parte delle fazioni politiche antirusse con il colpo di Stato del febbraio 2014, alla guerra civile tra filo-americani e filo – russi, e infine all’invasione dell’Ucraina del 22 febbraio 2022, che minaccia di degenerare in Terza Guerra mondiale. 

Come afferma Gabellini: 

“Il crollo dell’Urss ridisegnò lo scenario, offrendo ai nazionalisti galiziani la possibilità di coronare finalmente le mai sopite aspirazioni indipendentiste. Per capitalizzare questo obiettivo pensarono bene di diffondere in gran parte del Paese il proprio paradigma etnico-culturale, incentrato sulla lingua galiziana, e successivamente (1992) di appoggiare lo scisma del Patriarcato di Kiev decretato da Mykhailo Denysenko (in arte Filarete), al fine di infondere efficacemente il senso di appartenenza nazionale anche tra le fila degli ortodossi. 

Questa nuova identità ucraina forgiata dai nazionalisti galiziani ha alimentato un forte fervore patriottico, degenerato ben presto in «odio indiscriminato e incondizionato verso l’epoca sovietica e la “grande guerra patriottica”, nonché in glorificazione dei collaborazionisti hitleriani e dei massacratori delle minoranze residenti nell’Ucraina sovietica». 

Il carattere fortemente polarizzato dell’odierna struttura sociale ucraina è testimoniato dal fatto che, nell’immaginario collettivo di una parte consistente dell’opinione pubblica, le statue di Lenin che troneggiano a Kiev, a Donec’k e in molte altre grandi città, simboleggino lo storico predominio della Russia che, nel 1917, fece capitolare la resistenza menscevica impedendo l’indipendenza della nazione dalla nascente Unione Sovietica, all’interno della quale l’Ucraina avrebbe svolto una funzione ben precisa secondo la ripartizione economica, lavorativa e culturale imposta da Mosca. 

Si tratta indubbiamente del punto di vista condiviso delle frange cattolico-uniati residenti nelle zone occidentali del Paese, gravitanti attorno alla Galizia, alla Rutenia sub-carpatica e alla metropoli austro-ungarica di Leopoli, che subiscono l’influenza culturale polacco-lituana e si pongono in netto antagonismo rispetto alla Russia, identificata come storica potenza imperialistica responsabile di decenni di oppressione di cui l’immane catastrofe umana meglio nota come “holodmor” rappresenta la massima testimonianza. 

Questo orientamento politico cozza con la visione di cui sono portatrici le popolazioni russofone e ortodosse residenti nelle regioni orientali e meridionali del Paese, secondo le quali la collocazione strategica dell’Ucraina è tassativamente a fianco di Mosca. Esse considerano l’indipendenza nazionale ottenuta nel 1991 alla stregua di una secessione forzata, che ha privato lo spazio spirituale e geopolitico russo di una fondamentale e imprescindibile componente. (Giacomo Gabellini. Ucraina: Una guerra per procura. Macro Edizioni. Edizione del Kindle.) 

Il ruolo degli USA nel colpo di stato del 2014. Qualche documento. 

Un documento notevole è reperibile all’indirizzo web https://www.countercurrents.org/zuesse090215.htm, dove lo storico e investigatore americano Eric Zuesse riporta tra l’altro un video pubblicato su Youtube il 27 gennaio 2015, in cui si vede il deputato del Parlamento ucraino Oleg Tsarev, in piedi accanto al suo seggio, fare un intervento il 20 novembre 2013, in cui denuncia l’esistenza di una cospirazione americana per destabilizzare le istituzioni, e rovesciare il governo legittimo del paese. 

Ecco il testo del discorso, tradotto in inglese da Zuesse: 

“In my role as a representative of the Ukrainian people, activists from the Volya Public Organization turned to me, providing clear evidence that within our country, with support and direct participation of the US Embassy in Kiev, a “TechCamp” project is under way in which preparations are being made for a civil war in Ukraine. The “TechCamp” project prepares specialists for information warfare and for the discrediting of state institutions [the Government] using modern media — potential revolutionaries for organizing protests and the toppling of the Government. This project is overseen by and currently under the responsibility of the US Ambassador to Ukraine, Geoffrey R. Pyatt. After the conversation with the Volya Organization, I learned that they actually succeeded to access facilities in the “TechCamp” project [they had hacked into it] disguised as a team of IT specialists. To their surprise, were found briefings that were held on peculiarities of modern media. American instructors explained there how social networks and Internet technologies can be used for targeted manipulation of public opinion as well as to activate potential protest to provoke violent unrest on the territory of Ukraine — radicalization of the population, and triggering of infighting. American instructors show examples of successful use of social networks to organize protests in Egypt, Tunisia and Libya. “Tech Camp” representatives currently hold conferences throughout Ukraine. A total of five events have been held so far. About 300 people have been trained as operatives, who are now active throughout Ukraine. The last conference took place on 14 and 14 November 2013, in the heart of Kiev, inside the US Embassy! You tell me which country in the world would allow an NGO to operate out of the US Embassy? This is disrespectful to the Ukrainian Government, and against the Ukrainian people! I thus appeal to the constitutional authorities of Ukraine with the following question: Is it conceivable that representatives of the US Embassy who organize the “TechCamp” conferences misuse their diplomatic immunity? [Someone tries to interrupt him.] A UN Resolution of 21 December 1965 regulates inadmissibility of interference in the internal “affairs of any State, and protects its independence and sovereignty.  I urge that there be an official  investigation into this matter.”

Riporto la traduzione:

 «Il mio ruolo di rappresentante del popolo ucraino – dichiarò Tsarev – mi obbliga a rivelare pubblicamente che tempo fa alcuni attivisti dell’organizzazione Volya si sono rivolti a me fornendo prove schiaccianti che dimostravano che all’interno del nostro Paese era stato lanciato, con il sostegno e la partecipazione diretta dell’ambasciata statunitense a Kiev, un progetto finalizzato a provocare una guerra civile e un conseguente colpo di Stato in Ucraina. Il progetto prevedeva l’addestramento di figure professionali in grado di avvalersi dei moderni mezzi di comunicazione per condurre operazioni di guerra psicologica contro le istituzioni statali, tese ad acuire la tensione interna al Paese e a rovesciare il governo legittimo. Questo progetto era diretto degli Stati Uniti in Ucraina e super-visionato dall’ambasciatore Geoffrey R. Pyatt […]. Durante le riunioni dei personaggi coinvolti nel progetto, istruttori americani hanno spiegato come internet e i maggiori social network potessero essere usati per la manipolazione mirata dell’opinione pubblica, per incrementare la massa critica della protesta, per provocare disordini violenti sul territorio, per radicalizzare i sentimenti anti-governativi in seno alla popolazione e innescare lotte intestine. Gli specialisti statunitensi, che attualmente tengono conferenze in molte città ucraine, hanno sottolineato come l’uso appropriato di questi mezzi sia stato efficace nel dare origine alle proteste in Egitto, Tunisia e Libia. I rappresentanti del progetto hanno tenuto conferenze in tutta l’Ucraina e addestrato circa 300 persone che adesso operano liberamente all’interno del Paese. L’ultima conferenza si è svolta il 14 novembre 2013, nel cuore di Kiev, all’interno della Ambasciata degli Stati Uniti! Questa è mancanza di rispetto nei confronti del governo ucraino, e contro il popolo ucraino […]. Una risoluzione delle Nazioni Unite del 21 dicembre 1965 definisce inammissibile qualsiasi ingerenza esterna negli affari interni di uno Stato per proteggere la sua indipendenza e sovranità. Mi auguro che venga aperta un’indagine ufficiale sulla vicenda»3.

Che con il sostegno e la diretta partecipazione dell’ambasciata americana a Kiev, fosse in corso la preparazione della guerra civile in Ucraina, come denunciò il deputato Oleg Tsarev nella seduta parlamentare del 20 novembre 2013, sulla base di prove evidenti che gli erano state fornite dall’organizzazione pubblica Volya, è confermato da altre fonti e altre prove. 

La più clamorosa è la conversazione telefonica del 4 febbraio 2014, quando ormai il rovesciamento violento del governo legittimo di Janukovyc era stato realizzato, tra l’ambasciatore americano a Kiev Pyatt, e Victoria Nuland (vice segretrario di Staro per l’Europa e l’Eurasia a quel tempo), intercettata dallo spionaggio russo, e resa pubblica su Youtube, al seguente indirizzo web https://www.youtube.com/watch?v=MSxaa-67yGM

E’ possibile leggere con sottotitoli in italiano qualche brano clamoroso, nel documento realizzato da Massimo Mazzucco, “Ucraina, un’altra verità”, reperibile all’indirizzo web “https://www.informatica-libera.net/content/ucraina-laltra verit-documentario-di-massimo-mazzucco”, che ora riporto: 

Nuland: “Non penso che Klitscko debba entrare nel governo. Non mi sembra necessario. Non mi sembra una buona idea. 

Pyatt: “Visto che non entra nel governo, lascialo a casa a fare il suo compito politico.” 

Nuland: “Io penso che Yatsenyuk sia l’uomo che ha l’esperienza economica e di governo. Lui ha bisogno di Klitscko e Tyahnibok che lavorino da fuori … lui deve parlarci quattro volte alla settimana.” 

Riporto ancora un altro passo, diventato famoso per il “fuck the Europe” da parte della Nuland: 

Nuland. “Questo sarebbe splendido per concludere la cosa, che sia l’ONU a farlo. E vaffanculo all’Unione Europea. 

Pyatt: “Esatto!” 

Alla fine della telefonata, la Nuland conferma che c’è l’ok dell’allora vicepresidente Biden a tutta l’operazione: 

Nuland: “Sullivan ni ha detto: ‘dovete avere Biden’. Io credo che sarà domani, per un incoraggiamento, e per mettere a punto i dettagli. Quindi, Biden è d’accordo.”

E’ normale che l’ambasciatore statunitense a Kiev e V. Nuland decidano chi debba entrare nel nuovo governo ucraino, dopo il colpo di Stato del febbraio 2014, e che questo governo imminente debba loro dare conto del suo operato? Non è chiaro il pesante coinvolgimento americano, in violazione del principio di sovranità e del diritto internazionale? Faccio presente che Tyahnibok è il leader del partito neonazista “Svoboda”. 

Sul nazionalismo Ucraino. Dubbi e sospetti, documentati e documentabili, su contiguità e affinità con il nazismo. 

Le radici storiche del nazionalismo ucraino lasciano poco spazio al dubbio. 

L’Organizzazione Nazionalista Ucraina (OUN), fondata dopo la Prima Guerra Mondiale, e dopo il fallimento dei tentativi di creare uno Stato nazionale ucraino su territori che erano appartenuti all’Austria – Ungheria e alla Russia, aveva un’ideologia che attingeva al contemporaneo nazionalismo fascista e nazista, nella quale il concetto della purezza della razza ucraina era assimilabile a quello della razza ariana, quanto a valore e significato.  

Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’OUN collaborò con i nazisti che avevano occupato l’Ucraina sovietica, contribuendo e sterminare ebrei e polacchi, sotto la guida del galiziano Stepan Bandera, dichiarato eroe nazionale dal presidente ucraino … nel … 

Abbiamo già ricordato che venne reclutato dai servizi segreti tedeschi e americani, da cui ottenne protezione, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per alimentare l’opposizione antirussa e antisovietica in Ucraina. 

Possiamo dire che vi sia continuità tra l’OUN e le attuali organizzazioni politiche e paramilitari di estrema destra, particolarmente attive e determinanti soprattutto a partire dal 2014? 

I documenti sono innumerevoli, così come gli articoli di giornali, italiani, inglesi, ebraici, americani, che abbiamo già riportato in una breve sintesi della storia ucraina. 

Qui vorrei rimandare a un servizio del giornale inglese “Daily Mail On line” del 12 agosto 2015 (reperibile al seguente indirizzo web: https://www.dailymail.co.uk/news/article-3195711/Now-CHILDREN-taking-arms-Shocking-pictures-inside-Ukraine-s-neo-Nazi-military-camp-recruits-young-six-learn-fire-weapons-s-ceasefire.html), che documenta l’attività di addestramento militare da parte di milizie paramilitari, svolta alla periferia di Kiev, rivolta a giovani di entrambi i sessi dai sei anni in su. 

Si tratta di immagini “scioccanti”, dice il titolo del servizio corredato da immagini fotografiche: 

Shocking pictures from inside neo-Nazi military camp reveal recruits as young as SIX are being taught how to fire weapons (even though there’s a ceasefire),” 

che ora riporto in italiano: 

“Immagini scioccanti dal campo militare neonazista rivelano la presenza di giovani reclute di sei anni, che vengono addestrati all’uso delle armi (anche se c’è un cessate il fuoco”. 

E più sotto aggiunge: 

“They’re the ultra-Nationalist swastika-loving battalion which is openly against the ceasefire agreed with pro-Russian separatists. 

Now extremists from the Azov unit, a far-right neo-Nazi militia defending the port city of Mariupol in southeastern Ukraine, are teaching children as young as six how to fire guns in an attempt to entice them into the country’s bloody conflict. 

Disturbing pictures have emerged from a military summer camp held on the outskirts of Kiev which show members of the voluntary group teaching so-called ‘Azovets’ how to behave as young fighters.” 

Riporto questa parte del servizio in italiano: 

“Sono i militanti del battaglione ultranazionalista contraddistinto dalla svastica, che è apertamente contrario al cessate il fuoco, concordato con i separatisti russi. Ora gli estremisti dell’unità Azov, una milizia neonazista di estrema destra che difende la città portuale di Mariupol nell’Ucraina sudorientale, stanno addestrando i bambini di sei anni all’uso delle armi nel tentativo di coinvolgerli nel sanguinoso conflitto che dilania il paese. 

Immagini inquietanti da un campo militare estivo tenuto alla periferia di Kiev che mostrano membri del gruppo volontario mentre mostrano ai cosiddetti ‘Azovets’ a comportarsi da giovani combattenti.” 

Ma quale aria si respirava a Kiev, tale da spiegare questa forma di militarismo totalitario, che indottrina e addestra i più giovani alla lotta mortale contro il nemico della nazione? Un nemico che consiste in altri cittadini, non più riconosciuti come tali? 

Il documentario di Massimo Mazzucco “Ucraina, l’altra verità” (all’indirizzo web https://www.informatica-libera.net/content/ucraina-laltra verit-documentario-di-massimo-mazzucco), ne dà un’idea efficace, nella sezione della sua ricostruzione intitolata “La nazificazione dell’Ucraina”, nell’arco temporale che va dal 40° al 45° minuto del servizio, con filmati dal vivo, che riprendono momenti di vita vissuta della società ucraina post – Maidan. 

A partire dal 38°minuto del documentario, viene mostrato un testo del sito web di Svoboda, partito ucraino di estrema destra di ispirazione nazista, con traduzione sottotitolata in italiano, che ora riporto: 

“Per creare una vera Ucraina, per liquidare fisicamente e rapidamente tutta l’intellighenzia russofona e tutti quelli che odiano l’Ucraina bisogna fucilarli, senza indagini e senza processo. Qualunque membro dell’Unione Ucraina della libertà può fare la lista degli ucrainofobi nella sua zona. Tutti i membri dei partiti e delle organizzazioni anti-ucraine, non solo i pro – russi, ma anche pro – Romania, pro – Ungheria, pro – tatari devono essere fucilati. La biomassa amorfa di stomaci viventi che parla russo è un gregge che va ridotto di 5 – 6 milioni di individui.” 

Dal 40° al 45° minuto viene documentata la nazificazione dell’Ucraina: 

abbattimento dei simboli del passato sovietico (come le statue di Lenin); formazione di movimenti politici di estrema destra con chiara simbologia nazista, tra cui Pravy Sector (Settore Destro) con la bandiera rosso – nera di matrice storica nazista; organizzazione di battaglioni e milizie (tra cui il battaglione Azov), che circolano per le città come tutori dell’ordine a fianco e al posto delle forze di polizia; cerimonie di commemorazione e consacrazione degli “eroi” del nazionalismo ucraino, collaborazionisti del nazismo, alla presenza di soldati che “indossavano elmetti con la svastica e uniformi con l’aquila del Terzo Reich durante una cerimonia funebre per 16 membri della divisione SS Galitzia, la cerimonia ha avuto luogo nella regione occidentale, alcuni veterani erano presenti”; ragazzi che vengono indottrinati all’ideologia nazionalista e all’odio al russo; direttive discriminatorie verso i russi nelle scuole; cori antirussi negli stadi (“Chi non salta, russo è”); infine un intervento pubblico di Petro Poroshenko, il nuovo presidente ucraino dopo il rovesciamento di Janukovyc: “Noi avremo un lavoro e loro non l’avranno, noi avremo le pensioni e loro no. Noi avremo il supporto della gente, bambini e pensionati, e loro no. I nostri bambini andranno a scuola e all’asilo, mentre i loro figli dovranno nascondersi nelle cantine, perché loro non sanno fare niente. Ecco come vinceremo questa guerra.” 

Per ultimo, un intervento dell’oligarca Julija Tymoshenko, dopo essere uscita di prigione, e dopo avere affatto affari e soldi con la Russia di Putin: 

“Dannazione, dobbiamo prendere le armi e andare ad uccidere questi maledetti moscoviti e i loro leader. Cercherò di sollevare il mondo intero, affinché della Russia non rimanga nemmeno un campo bruciato. Dobbiamo colpirli con le bombe atomiche.” 

Alcune considerazioni conclusive. 

Se per nazionalsocialismo intendiamo una società fondata sul vincolo prioritario o del sangue o della razza o dell’appartenenza etnica, tale che gli altri cittadini che non rispondono a questi requisiti e che non si lasciano assimilare, vengono additati come ostili, complici del nemico esterno, discriminati  nelle scuole e nei luoghi di lavoro, minacciati di esclusione ed emarginazione, e addirittura di pulizia etnica, perché sarebbero troppi, perché contaminerebbero la purezza della razza ucraina, è allora difficile negare la presenza di questi tratti nella società ucraina, dato che sia i partiti che le milizie di estrema destra occupano posti – chiave nello Stato e nell’esercito ucraino. 

E’ vero che non hanno conseguito grandi risultati elettorali, ma svolgono un ruolo trainante, occupando posti e spazi pubblici che consentono loro di esercitare una vasta influenza sulla società ucraina nella direzione inquietante che abbiamo visto.

Più in generale, appare anche evidente una differenza di percezione e prospettiva sul giudizio da dare sulla dissoluzione dell’Unione sovietica, il cui spazio geografico coincide con quello della secolare civiltà russa: per i russi si è trattato di una fase di declino, non irreversibile, che non ha affatto reciso i legami privilegiati che i territori dell’ex Unione Sovietica conservano con la Madre Russia, nella cui sfera di influenza continuano legittimamente a rientrare e fare parte; gli USA, che hanno adottato una geopolitica unipolare e aggressiva, ammantata di missionarismo laico (esportare la democrazia, con una bellicosità a base etica, tutta da dimostrare nella sua validità), l’Ucraina, ma anche altre ex repubbliche sovietiche, sono potenziali alleati degli USA, integrabili nella NATO, e nell’ambito dei suoi propri interessi economici e strategici, con l’evidente scopo di indebolire la Russia ancora di più, fino a causarne il crollo. E’ evidente l’inevitabilità dello scontro, date queste premesse.


Segui gli altri articoli di Gaetano Riggio qui:

https://www.carlettoromeo.com/author/shunkawakan8/

Segui gli articoli della categoria qui:

https://www.carlettoromeo.com/category/trends/

Lascia una risposta

Carletto Romeo