“Esami di Stato 2024. Le Tracce della Prime Prova” di Gaetano Riggio

Le considerazioni sulle tracce scelte come prima prova degli Esami di Maturità 2024

Le considerazioni sulle tracce scelte come prima prova degli Esami di Maturità 2024

Non se provare sollievo o preoccuparmi per l’assenza nelle tracce di alcune tematiche che, se il politicamente corretto obbliga, non sarebbero potute mancare: mi riferisco all’emergenza climatica e all’agenda green, alla crociata contro le disparità e i pregiudizi di genere, e per la normalizzazione della “non eterosessualità” (lotta contro l’omolesbotranfobia), al fenomeno altrettanto divisivo dell’emigrazione e dell’accoglienza, e così via.
Certo è che su queste questioni la destra italiana ed europea porta avanti una contro – agenda, che almeno solo in parte si può comunque condividere contro certe esagerazioni che appaiono retoriche o grottesche del politicamente corretto, come più volte abbiamo sostenuto.

Non altrettanto si può dire per il silenzio agghiacciante sul tema del lavoro, e della sua tutela, delle disuguaglianze economiche e della povertà, rispetto a cui anche la destra italiana ha optato per il liberismo più estremo e per il dogma del libero mercato. Ma più si tutela il libero mercato, meno si tutela il lavoratore nei suoi diritti, e il disoccupato. Anche su questi urgenti problemi del nostro tempo, il Ministero ha ritenuto di dovere tacere, almeno in questa occasione.

Quindi potremmo dire che la vera assente nelle tracce è la stringente attualità, secondo una strategia di distrazione di massa che ha caratterizzato finora questo governo.

LA TRACCIA B1

Certamente la traccia B1 propone una riflessione sulla guerra fredda e sull’equilibrio del terrore tra le grandi potenze, messo però in crisi dalla proliferazione nucleare, che il candidato è chiamato a valutare nella sua efficacia a difendere la pace oggi:
Ritieni che il cosiddetto equilibrio del terrore possa essere considerato efficace anche nel mondo attuale, oppure sei dell’opinione che l’odierno quadro geopolitico internazionale richieda un approccio diverso per affrontare gli scenari contemporanei?
Domanda impossibile, anche perché il brano non offre dati sul quadro geopolitico attuale, e perché la censura di fatto sulla stampa ha reso impossibile alla maggior parte dei giovani raccogliere informazioni obiettive e utili per un giudizio critico. Quindi, non solo è impossibile, ma è anche ridicola.

Allora non resta che rifugiarsi nella meditazione sui massimi sistemi del mondo, secondo quanto proposto dalle altre tracce.

LA TRACCIA A1

Bella la prima, dove Ungaretti, “uomo di pena”, da dentro “budella /di macerie” dove strascina la sua “carcassa”, sperimenta l’insopprimibile istinto della vita nel desiderio che genera l’illusione, analogamente a un mare che compare nella nebbia, sul quale riprendere la navigazione della vita. Illusione declinabile in senso leopardiano, ma che può approdare alla trascendenza della fede, nella misura in cui rivela che non siamo solo “carcassa”, ma anche luce, insopprimibile e irriducibile.

LA TRACCIA A2

Bella anche la seconda, dove attraverso la voce di Serafino Gubbio operatore, Pirandello mette a fuoco il problema della tecnica nel mondo contemporaneo, sul quale si è tanto discusso e filosofato (nel Novecento, soprattutto Heidegger, e sulla sua scia in Italia Severino e Galimberti), classico esempio di eterogenesi dei fini: da quando infatti l’uomo “s’è messo a fabricar di ferro, d’acciaio le sue nuove divinità”, è poi diventato “servo e schiavo di esse.”
L’astuzia della tecnica consiste infatti in ciò: che mentre noi pensavamo di usarla come nostra serva, è invece accaduto che è diventata la nostra padrona, e noi i suoi servi.
Le macchine infatti vincolano, perché formano un sistema che segue una logica alla quale l’uomo si deve adeguare, perché altrimenti non funziona. Peccato che questa logica è antivitale, alienante (nel linguaggio sociologico e filosofico), e costruisce un ambiente artificiale e disanimato, in cui la vita latita.
Paradigma in negativo del mondo della tecnica è divenuta la catena di montaggio, sulla quale ha amaramente ironizzato Charlie Chaplin in “Tempi moderni”, allegoria delle condizioni alienanti di vita e di lavoro nella società tecnologica, immane apparato macchinico, dove l’uomo è condannato “a non esser altro, che una mano che gira una manovella.”
Ma non solo l’antitesi rovesciata servo – padrone caratterizza la questione della tecnica, ma anche anche altre, connesse, di grande rilevanza: in particolare, quella natura – artificio, soggetta ad analogo rovesciamento, in quanto la natura si è rivelata essere un artificio al grado zero, mentre l’artificio vero e proprio ha assunto il valore di un nuovo quadro normativo alternativo, in grado di sostituire quello fornito dalla natura.
Se in passato infatti l’artificio era un supporto della natura, che serviva a ripararla o potenziarla, oggi invece l’artificio sostituisce la natura stessa, diventando una seconda natura creata dall’uomo, che soppianta la prima.
Per fare un esempio, la tecnica della carne sintetica, ancora in fase sperimentale, è paradigmatica: la carne che in natura si forma secondo il metabolismo naturale dei mammiferi, viene ora prodotta dall’uomo coltivando in vitro cellule staminali.
In teoria potremmo non avere bisogno di allevare o uccidere animali per mangiare carne, in un futuro più o meno prossimo.
Tutte le antitesi della tecnica, su cui l’uomo è chiamato a interrogarsi e scegliere, si riassumono in quella tra vantaggi e svantaggi, il cui calcolo è forse più una scommessa.

LA TRACCIA B2

La traccia B2 tocca ancora il rapporto natura – artificio, ma nella prospettiva storica della nazione italiana, e dell’appartenenza a un retaggio accomunante e identitario.
Il paesaggio naturale è anche artificiale, perché modificato dall’uomo; e i monumenti storici e le opere d’arte, risultato dell’artificio umano, non negano la natura, nel cui contesto sono collocate, ma la valorizzano e la sublimano.
Ma entrambi i fattori, natura e cultura, bellezza naturale e bellezza artistica, non in antitesi, ma in armoniosa integrazione, costituiscono una parte fondamentale della nostra identità nazionale e popolare, che trova la sua coesione nella condivisione dei valori spirituali veicolati dall’arte e dalla memoria storica.
Questa bellezza, storicamente stratificata, e memoria storica viva e non morta, e dunque parte integrante della nostra identità nazionale, deve poter coesistere con il valore dello sviluppo economico e dell’utile, superando quei malintesi economicistici che tanti danni hanno arrecato al territorio, soprattutto nel Secondo Dopoguerra.
Questo è il succo della tesi (cara al pensiero politico di destra, ma non solo), sulla quale il candidato è chiamato a riflettere: la bellezza naturale e artistica, da tutelare in quanto valore spirituale, e non semplicemente bene di lusso, ha una specificità storica, che ne fa l’espressione del sentire comune di un popolo e di una nazione.

LA TRACCIA B3

La traccia B3 invita a riflettere sul valore del silenzio in una comunicazione autentica, in modo da passare “dal dire come getto verbale univoco, logorrea autoreferenziale, al dialogo come scambio contrappuntistico di parole e silenzi.
Il dialogo implica e presuppone un’etica della comunicazione, detto in altri termini, che impone di prendere l’interlocutore (l’alterità dell’altro) tremendamente sul serio: solo l’arte del silenzio, in quanto ascolto rispettoso delle diversità dell’altro e preludio meditato alla parola, può permettere di superare le barriere che impediscono di accedere al mistero che si cela nel volto di chi ci guarda.

LE TRACCE C1 E C2

Infine le tracce C1 e C2. Nella prima, Rita Levi Montalcini fa un elogio dell’imperfezione, tratto distintivo della condizione umana, dal quale non possiamo prescindere, qualunque obiettivo ci proponiamo di raggiungere nella nostra vita. Possiamo solo fare affidamento sull’impegno e sull’ostinazione, ma senza garanzie, e sperare nella buona fortuna, checché ne dicano i tanti guru che ci propongono ricette miracolose per il successo.
La C2 fa riflettere sul diario, in quanto tipologia testuale profondamente cambiata nella forma e nel senso nel passaggio dalla scrittura all’era digitale e dei social: “il diario segreto … non esiste più”. “Il diario dell’era digitale è una rappresentazione di sé rivolta immediatamente agli altri. Nasce come costruzione artificiale, cosciente, anzi alla ricerca quasi spasmodica, del giudizio e dell’approvazione degli altri.” “La ricerca di sé … viene sostituita dall’affermazione di sè attraverso la narrazione mitica … di ciò che si vorrebbe essere.”

Gaetano Riggio

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Carletto Romeo