Carletto Romeo
Draghi ovvero governo emergenziale
Draghi ovvero governo emergenziale
La deriva autoritaria
Uso qui il termine “emergenziale” in un’accezione determinata, che si rifà al concetto di “stato di eccezione” del filosofo italiano Giorgio Agamben (sulla cui autorevolezza è agevole accertarsi: mi limito a segnalare che nella “Storia della filosofia occidentale” di Reale-Antiseri, un manuale in uso nei licei italiani da molti anni, per la precisione nell’ultimo volume pubblicato, figura tra i maggiori filosofi italiani del nostro tempo.)
Giorgio Agamben si rifà a sua volta a Carl Schimitt (filosofo tedesco del Novecento: cfr. Wikipedia, o meglio ancora “Reale – Antiseri”, o altro manuale, o altro ancora), il quale dà una celebre ma spiazzante definizione di sovranità statale: egli afferma infatti che il sovrano è colui “che decide sullo stato di eccezione”.
Che cosa vuole dire? Che l’essenza ultima della sovranità statale non consiste nell’esercizio del potere conformemente alle leggi, a partire dalla legge fondamentale della costituzione passando per le leggi ordinarie e così via, secondo una gerarchia di norme delle quali si occupano gli esperti di diritto!
L’essenza ultima della sovranità consiste invece nella facoltà che il governo può arrogarsi, di sospendere la vigenza della legge, e di governare dunque in stato di eccezione o emergenza.
La ragionevolezza del governo di emergenza dipende però da un elemento arbitrario, che è appunto l’accertamento dell’emergenza. Chi, e in base a quali parametri, “decide” che siamo in emergenza, e che dunque per garantire efficacia all’azione di governo in ordine alla risoluzione dei gravi problemi in corso, occorre conferirgli poteri straordinari e sospendere diritti e garanzie di libertà fondamentali?
Non esistono parametri oggettivi, a riguardo, né altra istanza che non sia il governo medesimo. Di fatto, per governare in stato di emergenza, è sufficiente “convincere” una componente maggioritaria della popolazione che siamo in emergenza: si tratta in parte significativa di una percezione soggettiva, che può essere (e di fatto lo è) alimentata ad arte per giustificare l’operato inedito.
E’ una decisione autoreferenziale, anche se gravida di conseguenze, anche se spalleggiata dal supporto di esperti selezionati ad hoc, che imbavaglia perfino il potere giudiziario, che trova il modo di giustificare il governo con interpretazioni tendenziose e omissioni, se chiamato a pronunciarsi da ricorsi e altre azioni legali.
E’ questo il problema più grave: è giustificata la dichiarazione dell’emergenza? Non c’è il rischio di un esercizio estremamente abusivo del potere? Il rischio che l’esercizio del potere in stato di emergenza venga esteso da un campo all’altro: dal sanitario all’economico, al lavoro, ai rapporti sociali, alla lotta al terrorismo?
Come nota Agamben, “si manifesta ancora una volta la tendenza crescente a usare lo stato di eccezione come paradigma normale di governo.”
DRAGHI, DA DOVE E’ SPUNTATO FUORI?
C’è qualcosa di torbido nell’avvento dell’era Draghi, che soltanto ora comincia a chiarirsi veramente: è infatti avvenuta una rottura traumatica della normale dialettica politica, una sospensione del normale funzionamento dello Stato democratico, per mezzo di una congiura di palazzo, già da tempo pianificata, in attesa del momento favorevole per assestare il colpo, e portare al governo del Paese il Designato (Draghi).
C’era già il sentimento diffuso di un’emergenza complicata, connessa alla gestione della pandemia, del Recovery Fund, della crisi economica, del debito pubblico e altro: è stato sufficiente affondare il coltello nella piaga dell’inettitudine della classe politica italiana, e dunque anche del governo Conte, con un’ulteriore campagna di discredito, per attuare il putsch!
Soltanto la forma è salva, non la sostanza della democrazia parlamentare: di fatto, i partiti hanno coralmente rinunciato a governare, affidando tutti i poteri al plenipotenziario delle banche e della finanza, Mario Draghi, con l’eccezione ufficiale di Fratelli d’Italia.
Soltanto in apparenza esiste un’oscena promiscuità che allea tutti con tutti: Letta con Berlusconi, Berlusconi con Speranza, Speranza con Salvini, e così via con gli ibridi incroci.
In realtà, ciò che accomuna tutti i partiti, è la rinuncia a governare in nome del popolo dando delega indebita a un banchiere a governare al loro posto. Rinuncia a governare, ma non spartirsi le prebende.
La congiura di Palazzo (vedi l’infido Renzi, il piccolo Machiavelli!) che ha portato Draghi al governo, dà inizio all’attuale fase politica, contrassegnata dal ricorso allo stato di eccezione, e a una deriva autoritaria nel nostro Paese.
Ma ci vuole un teorema, per dimostrarlo? Basta notare il piglio indisponente delle pose pubbliche di Draghi, e delle foto incensate, che lo ritraggono intento a scrutare il futuro con gesto rassicurante!
O i toni dei suoi interventi, in particolare la calma paternalistica con la quale stigmatizza dall’alto in basso, con malcelato disprezzo: “non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore”.
Da notare il linguaggio estremamente semplice, da testo della prima elementare, da fiaba con tanto di lupo cattivo, con cui mira a impressionare l’ignorante credulità del popolo.
Da notare la perentorietà dogmatica delle alternative, che devono fugare il dubbio (o l’una o l’altra cosa), semplificare i processi logici, e così via, oscurando la complessità del reale.
Ma come già accennato, il paternalismo autoritario non risparmia gli incauti alleati, come Salvini, trattati e rimproverati come bambini che a volta peccano di esuberanza, ma tutto sommato sono obbedienti, non appena vengono ripresi, e riportati all’ordine!
Segui gli altri articoli della categoria qui: