Buongiorno principessa

Della serie: “Quandoavolteritornano”! Questa è la storia di come il Pingallo 2Speech, specie animale fin troppo diffusa, dopo aver conquistato il cuore di MyfirstLady (femmina dalle molteplici qualità, estetiche e morali, ma anche abbastanza ingenuotta) l’abbia poi lasciata per un’altra pollastrella, di nome ‘MbustaiPlastica (brutta ma abbastanza “tana”, da… vi lascio immaginare).


BUONGIORNO PRINCIPESSA!

Il Pingallo 2Speech (pronuncia corretta, Du-Spicc’) è un animale fintamente esotico, proveniente dalle rive oltre Oceano. In realtà è originario della zona basso jonio-reggino, poi espatriato all’estero (che fa sempre figo), poi rientrato, solo perché “doveva” (mica voleva, quel senso di responsabilità che fa tanto “affidabilità”). Questo esemplare, che si spaccia come “fenomeno fuori dal comune”, in realtà appartiene alla categoria, molto diffusa, dei “Fancazzì” e dei “Plasmabili”. L’essere Plasmabile si modella facilmente, secondo l’uso e il consumo che ne vuoi fare: ti serve un divano? Lui si trasformerà nel divano dei vostri sogni. Lo vuoi cassetto? Eccolo, il cassetto più bello che abbiate mai avuto. Avete necessità di un frullatore? Mai frullatore è stato più accattivante. Salvo poi rivelarsi un divano sfondato, un cassetto bucato, un frullatore che non ha mai frullato.

Al Pingallo 2Speech piace molto recitare ed è un vero maestro del trasformismo: diventa esattamente come lo avevate immaginato; vestito come voi, con gli stessi vostri interessi, medesimi gusti… le coincidenze saranno pazzesche! Vi stupirà con dialoghi surreali e citazioni profonde, che spaccerà per sue, ovviamente. I suoi racconti avranno dello straordinario. Le sue storie saranno indimenticabili. Il suo corteggiamento avrà del romantico, del passionale, del misterioso, dell’originale, del meraviglioso, dell’autentico ma, in verità, sarà solo un gigantesco imbroglio.

Il Pingallo 2Speech vi sveglierà tutte le mattine cantando a squarciagola “Buongiorno Principeeessa”. Vi colpirà dritto al cuore con la sua freccia da bello e dannato, con le sue note melanconiche, le pennellate rapide e decise, gli scatti nebbiosi, le sigarette fumose, le dita da musicante, la corporatura scolpita, le labbra morbide, lo sguardo intenso, le poche parole, le serenate al chiaro di luna, la schiena dritta, il petto sporgente, l’andatura da pinguino, il portamento di un gallo, l’amore per il vino, la birra, il letto, il destino…

Si narra

Il Destino ci ha fatti incontrare” (“è stato il Delfino…”, da quel noto film), amava dire MyfirstLady, sorridendo felice accanto al suo Pingallo. Lei era il suo sole, il suo “calore”, lui la ingannava, un parassita. MyfirstLady accendeva Pingallo e lui teatrava. Quando poi lui si spegneva lei lo risvegliava. Qualcosa di MyfirstLady lo inebriava fortemente: il suo profumo, la dolcezza, la bontà, la gentilezza. In MyfirstLady lui si specchiava da Re. Lei lo voleva e lo vedeva come il miglior Pingallo di tutta la Regione. Ma non era altro che un povero cialtrone. Le sue “invenzioni” erano molte, la fantasia galoppava e MyfirstLady tutte le sue storielle se le beveva come acqua fresca.

Dapprima lui neppure le piaceva, neanche lo considerava, ma da quando se n’era invaghita esisteva solo Pingallo e le sue gesta, Pingallo e le sue canzoni, Pingallo e tutta una sfera di emozioni che le suscitava. MyfirstLady era stata conquistata, presa come la “Bastiglia”, e Pingallo la derubava ogni giorno della luce dei suoi occhi, del suo sorriso ingenuo, delle dolci sue carezze, del suo sorriso buono. “Pingallo Pingallo”, dicevano gli altri, “non strafare, ti farai scoprire. Eh, Pingallo… non continuare così tanto a mentire”. Ma lui, quel damerino, si sentiva un principino e andò avanti senza nessun ritegno finché non conquistò tutto il regno.

MyfirstLady non sapeva ancora che la sua peggior disgrazia fosse l’essersi innamorata così profondamente di quel Pingallo che niente e nessuno riusciva a toglierle da sotto la pelle, tanto in lei si era “incistato” e radicato come un cancro. Non le occorrevano monete d’oro, le bastavano soltanto gli abbracci seducenti, le poesie d’amore (rubate ai veri poeti), le musiche copiate spacciate per opere prime. Lei amava il suo Pingallo e lo vedeva “bianco” ma lui invece era Nero dentro, un buco oscuro, insondabile, da cui non si usciva mai. Era come una “scatola vacante”, a guardarci dentro sul serio e insomma, ammettiamolo, era tutta una gran fregatura.

Lei, che aveva soltanto paura, di perdere il suo tesoro di latta, non si accorse affatto della sua più grande rivale, una tale ‘MbustaiPlastica, vestita di verde materiale, una faccia arcigna da gran “Poiana”, un modo di fare cattivo e furbo che le portò via il suo amato Pingallo, perché per lei erano nuovi i racconti e le bugie, un nuovo palcoscenico e nuovi atti da recitare. E così fu che ‘MbustaiPlastica strappò Pingallo a MyfirstLady, con furbizia e decisione, perché anche a lei lui era sembrato così “bello” da volerlo avere a tutti i costi.

E MyfirstLady pianse e pianse, da riempire un mare, e pianse e pianse, da riempire fiumi, e pianse e pianse, da formare laghi. Tutta la luce si spense dai suoi occhi, tutto il suo mondo crollò in un istante. Pingallo era scappato con la sua nuova “amichetta”, in una notte di tenebra, lasciandola sola, in mezzo al mare, in piena tempesta, senza remi, né motore, in balìa delle onde e del suo terribile dolore. Fu solo pura fortuna se toccò terra ferma e così, seppur abbattuta e a morte ferita, decise di andarlo a cercare, per valli, per monti, campagne e paludi, senza trovarlo mai, brancolando nel buio, affrontando belve feroci, sempre in mezzo al pericolo.

Si ammalò di stanchezza, di tristezza, la nostra MyfirstLady. Si ammalò di nostalgia, di rabbia, ne fece una “malattia”. E infine, non potendo più sopportare il cuore che le faceva così tanto male, decise di strapparselo, di estrarlo dal petto, per non sentirlo ancora e lo buttò lontano lontano, lontanissimo. Dopo averlo avvolto con cura, in un panno dorato, lo chiuse nello scrigno d’argento che lui le aveva regalato. Con tre catenacci d’oro lo sigillò accuratamente. Da quel giorno lì non pronunciò più parole, di quelle che dicono cose che sanno d’amore.

E di Pingallo e della sua nuova “Principeeessa”? Di loro le notizie erano su tutti i giornali, misfatti e delitti, rapine e tragedie. Di ‘MbustaiPlastica, dopo un po’ si persero le tracce ma i Pingalli come lui non si fermano mai, e trovano altre Principesse, altre pollastrelle, giovanissime Coccodé, un po’ volgarotte, tutte sempre innamorate di un qualche “Amooore di plastica” (che non è soltanto una canzone). C’è sempre una “MyfirstLady” pronta a cascarci, che cerca il suo Principe e lo vuole perfetto, di quelli col cavallo bianco e il vestito da paggio, di quelli buoni e impavidi che non dicon bugie, di quelli che regalano fiori e si ricordano gli anniversari, di quelli che amano il tuo profumo e il profumo della tua pelle, di quelli che sembrano “fatti col pennello”, solo per te.

Ma il quadro non è d’autore, è una copia, un doppione, una maschera, una farsa che finisce in tragedia, quando la commedia non fa ridere più nessuno e il sorriso del clown parla soltanto di solitudine. Pingallo è lì, che chiede sempre “DuSpicc’”. Dopo ‘MbustaiPlastica ha provato a tornare, dalla sua MyfirstLady, ma non l’ha trovata più, lei e la sua dolce ingenuità. Un uccisore di sogni. Di bellezza. Di verità.

MyfirstLady oggi si chiama Piccolo Fiore. Non vuole essere la “Regina di tutte le Rose”, le basta essere se stessa. Non è più neanche così tanto “gentile”. Dopo Pingallo, per un certo periodo, andava a caccia di farabutti come “2Spicc”. Quando ne trovava uno, non gli faceva del male subito: aspettava il momento giusto, poi prendeva la mira, attenta, precisa, un colpo netto, in mezzo alla fronte, come si fa con i “Porci”, i maiali, i cinghiali. Li uccideva quasi come “atto di pietà”, neppure un gesto tanto spietato, per cancellare quella malvagità che può esistere solo in un cervello malato. Un colpo secco, una morte veloce. Unica regola, non sparare mai al cuore, per non sporcarsi di rosso il suo candido vestito.

Da un po’ ha smesso anche di fare la guerra ed oggi si augura soltanto la pace. Nonostante il marcio che si possa incontrare in giro, Piccolo Fiore ha ancora fiducia negli uomini “veri”, basta attori di serie B, come quel certo Pingallo 2Speech. La racconta, questa storia, ai suoi nipoti maschi, affinché non diventino vigliacchi e falsi. Che abbiano il coraggio di assumersi responsabilità, senza fuggire come ladri nella notte, lasciando povere “MyfirstLady” abbandonate, al proprio destino, dopo aver rubato loro “ricchezze” e felicità.

E in quanto a te ‘MbustaiPlastica… anche se sei stata un po’ “cattivella”, Tuuu, come minimo, avrai una cena pagata (da me, che domande!). E mi chiedi pure perché? Allora, ‘MbustaiPlastica, si vede che non hai capito niente nemmeno tu. Rileggitela daccapo, la favoletta, su forza, da brava bambina. Baci baci ‘MbustaiPlastica…

PiccoloFiore


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Daniela Rullo

2 commenti

  1. Ho letto con curiosità, poi dolore e vergogna, infine sorpresa … Anche Dante tratta con distaccato diprezzo questa genia: nel Canto XVIII dell’Inferno li vediamo piagarsi alle frustate dei demoni cornuti o sguazzare nello sterco umano:

    Di qua, di là, su per lo sasso tetro
    vidi demon cornuti con gran ferze,
    che li battien crudelmente di retro…

    Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
    vidi gente attuffata in uno sterco
    che da li uman privadi parea mosso…

  2. L’aver dato suggestione tale, da determinare un riferimento così elevato, mi lusinga non poco. Grazie. La vicenda è abbastanza comune e veritiera da arrecare dispiacere ma il finale, di apparente distacco, la dice lunga sul grado di sofferenza che la giovinetta può aver subito. Il passato non si può riscrivere, annoi, ma Dante aveva fatto proprio bene a raffigurarli nello sterco, come appunto, vedi sopra, i maiali. Ai suoi tempi non si usava certo la pistola ma il coltello e la scena sarebbe stata ancora più cruenta. La nostra Principessa, alla fine, prova persino pietà e dispiacere, per se stessa e per l’intera vicenda… dolore e sì, anche vergogna, per esserci cascata (nel fango) con tutte e due i piedi.

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Carletto Romeo