Carletto Romeo
Cosa è il catfishing
Hai mai sentito parlare di Catfishing?
‘Pescare’ ossia l’uso di immagini e informazioni rubate da account di social media di altre
persone per creare una nuova e finta identità online come se fosse la propria.
Fenomeno che dopo aver fatto gravi danni al mondo adulto, ora sta prendendo sempre più piede tra i giovanissimi.
Interessante ed utile iniziativa del Giffoni Innovation Hub è stata una indagine tra i ragazzi e i loro genitori sul fenomeno delle false identità in tempi in cui le piattaforme digitali sono sempre più centrali nella vita di tutti con evidente aumento dal lockdown in poi.
Il problema della sicurezza in chat è decisamente sentito dai ragazzi italiani, che iniziano a frequentare i social molto presto: quasi il 40% apre il primo profilo prima dei 12 anni e oltre l’80%
prima dei 14.
Le motivazioni che spingono a mentire e “barare” sul proprio account sono molteplici, ma tra tutte primeggia la vergogna per il proprio aspetto fisico.
Ad oltre 6 intervistati su 10 è capitato di imbattersi in profili falsi, avendo avuto però la capacità di saperli riconoscere. Se oltre il 65% considera dunque fondamentale informarsi e l’85% è cosciente della serietà del fenomeno, sono in particolare le ragazze le più preparate sul tema (62%), contro il 43% dei maschi, e anche le più sensibili, ritenendo importante sapere con chi si chatta realmente: il 73%, infatti, dà un voto massimo a questo aspetto, rispetto al 50% dei maschi.
In generale il Catfishing viene visto come qualcosa che coinvolge soprattutto i giovanissimi (citato dal 72% dei rispondenti), anche se il 17% pensa riguardi principalmente il mondo degli adulti e il 13% solo persone molto deboli e fragili. Alcuni, inoltre, sottovalutano il pericolo e non lo ritengono tale, a meno che non si tramuti in truffa economica, ricatto o minaccia (14%).
Cosa spinge a mentire online? Pericolo body shaming (vergogna del proprio aspetto), paura del giudizio, ma anche divertimento.
L’ossessione per i like e la paura del giudizio, riferito al proprio orientamento sessuale, al colore della pelle o al proprio corpo, hanno effetti importanti: tra le motivazioni che spingono qualcuno a mentire in rete inventando profili falsi, il 22% dei ragazzi intervistati crede ci sia proprio la vergogna per il proprio aspetto fisico, convinzione che appartiene in ugual misura sia ai maschi (23%) che alle femmine (21%).
Da vittime a “carnefici”, dall’indagine emerge anche che ben il 44% degli intervistati ha utilizzato almeno una volta profili falsi sui social (minima la differenza tra maschi e femmine), sostenendo di averlo fatto soprattutto per divertimento (27%), ma anche per sentirsi “libero” di commentare e postare contenuti che con la propria identità non si avrebbe avuto il coraggio di condividere (14%).
L’8% confessa invece di averlo fatto per timidezza, il 5% per aumentare like e commenti sul profilo personale, mentre il 2% ammette di averlo creato per fare l’hater in rete e con gli altri.
A scuola se ne parla poco: solo il 29% dichiara di averne parlato con i propri insegnanti e, anche in questo caso, sono le ragazze a preoccuparsene maggiormente, nello specifico il 32%, rispetto al 25% dei ragazzi.
Attenzione dunque ai benefici offerti dalla possibilità di essere sempre connessi, ma ricordando sempre che è esistono molte minacce in giro nella rete. Per questo motivo è importante
creare progetti e iniziative per una vita digitale sicura e per informare i ragazzi sui pericoli del mondo online.
Un impegno che la scuola in primis dovrebbe prendere fornendo strumenti educativi a genitori e insegnanti, come guida all’uso corretto del mondo digitale fin dall’infanzia.
Come difendersi da questo fenomeno?
Il problema è dato soprattutto dalla assoluta mancanza di controllo da parte di chi ti “regala” uno smartphone già in tenera età… da quel momento è difficile “star dietro” ai ragazzi anche perché sono assolutamente più esperti e informati dell’adulto che hanno a fianco!
Tu che ne pensi?
Argomento serio. Lo hai trattato con grande accortezza. Noi genitori dobbiamo stare in guardia. Il pericolo c’è e il nemico dei bambini è, come sempre, infido.