“Finché c’è guerra, c’è speranza” di Francesco Tropeano

Come l’Italia ha scalato la classifica dei maggiori produttori, venditori e piazzisti di armi e forniture belliche.

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ARTICOLO DI FRANCESCO TROPEANO

Come l’Italia ha scalato la classifica dei maggiori produttori, venditori e piazzisti di armi e forniture belliche.

Non passa giorno che, a reti unificate, non si stigmatizzi la guerra e la lunga scia di sangue che percorre mezzo mondo. Sia i telegiornali genuflessi che i talk show della sedicente sinistra, non perdono l’occasione di lanciarsi in giaculatorie strappalacrime (di coccodrillo) sugli orrori e le tragedie belliche. Come se le guerre fossero un accidente naturale, una malasorte caduta dal cielo. Come se non ci fosse chi le guerre le dichiara, chi le guerre le prepara, chi con le guerre si arricchisce.
Un festival dell’ipocrisia. E non è un caso che nella forsennata corsa alle armi, l’Italia sia il paese che corre di più, in barba alle suppliche quotidiane di Bergoglio.

Lo scorso anno sono stati diffusi i dati del SIPRI (Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma) ed abbiamo appreso, con grande orgoglio sovranista, che il nostro paese è tra i primi sei maggiori esportatori di armi al mondo, dopo Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Germania. Ma mentre Russia(-53%), Cina (-5,4%) e Germania(-14%) sono in calo, l’Italia ha registrato nell’ultimo quinquennio un balzo strabiliante di +86%, l’incremento maggiore in assoluto, doppiando quasi la Francia(+47%) che aveva superato la Russia in questa sciagurata classifica.
La maggior parte della nostra produzione bellica, oltre il 70%, è destinata al Medio Oriente (dove sennò?), non soltanto verso Israele ( 7 milioni di euro solo a Leonardo per supporto logistico ai velivoli M346), ma soprattutto in direzione Quatar, Egitto (!) ed Arabia Saudita, la cui fornitura di bombe a quest’ultima, è stata riattivata, tramite RWM Italia, il 31 maggio 1923 dal governo Meloni. Pochi giorni fa la presidente del Consiglio in persona si è recata in Arabia Saudita per siglare accordi economici per 10 miliardi di dollari. Ovviamente si tratta in grandissima parte di forniture militari. Altro che le tragicomiche conferenze di Renzi!

Nel 2016 il budget per la spesa militare era di circa 19 miliardi, quest’anno si arriverà ad oltre 31 miliardi (Osservatorio Mil€x). Un incremento del 60%! Ogni riferimento o paragone con la spesa sanitaria è semplicemente blasfemo.
In prima fila tra i nostri produttori c’è Leonardo, ex Finmeccanica, azienda statale, privatizzata ad inizio secolo, a cavallo dei governi D’Alema ed Amato. Ora lo Stato Italiano ne controlla appena il 30%. L’amministratore delegato è una vecchia conoscenza della politica. Stiamo parlando di Roberto Cingolani, idolo grillino della transizione energetica, quindi ministro del governo Draghi e poi consulente del governo Meloni. Dai dati dell’ultimo bilancio pubblicato, apprendiamo che il nostro si è portato a casa, in pochi mesi, da maggio a dicembre 2023, compensi per oltre un milione di euro.


Una corvetta “Al-Zubarah” prodotta da Leonardo per la Marina del Qatar. (Foto MasterX-Iulm)

Ma Leonardo ha anche le Fondazioni. Una dedicata proprio al medio oriente il cui presidente è nientepopodimenochè l’inenarrabile Marco Minniti. “Non lasciamo il fascismo ai fascisti!” aveva chiosato Crozza per descriverne le inclinazioni. Comunque, per non farci mancare niente, ha segnato la sua presenza in consiglio di amministrazione anche Pietrangelo Buttafuoco, ora presidente della Biennale di Venezia, ma di cui si favoleggiò, all’epoca, una provvidenziale conversione all’Islam. Tra gli amici di Buttafuoco è annoverato Luciano Violante, ex magistrato duro e puro. “Non lasciamo la forca ai boia” si sarebbe potuto dire ai tempi, quando era in prima linea contro Falcone. Adesso è in prima linea con Capezzone. Sarà stata la lunga permanenza, fino a pochi giorni fa, alla presidenza della fondazione Leonardo – Civiltà delle macchine? O l’attuale presidenza di Multiversity, holding che controlla ben tre Università private, Pegaso, Mercatorum e San Raffaele di Roma?
Ma nella produzione e commercio delle armi, lo Stato italiano è presente anche con Fincantieri, detenuta al 70%, un’azienda molto orientata nella produzione di navi da guerra (36% del fatturato).La Fincantieri è il più importante gruppo navale d’Europa. L’amministratore delegato è un Draghi-boy che si porta a casa compensi per due milioni di euro all’anno.

Ma anche il settore tradizionalmente privato non è da meno, anzi.
Oltre la consueta Beretta, ora con sede in Lussemburgo, fornitrice del nostro esercito e non solo, da anni ormai produce fucili mitragliatori e pistole calibro 9 direttamente in Medio Oriente.
Exor N.V. è una holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia italiana Agnelli. Ha una capitalizzazione di quasi 17 miliardi di euro (2021), un Net Asset Value (NAV) intorno ai 28 miliardi di euro, e un fatturato di oltre 44 miliardi.(Wikipedia).
Exor, come sappiamo, controlla Stellantis, ma anche Iveco Oto Melara. Ve li ricordate i massicci camion Iveco che solcavano incessantemente le nostre strade? Bene! Il catalogo è cambiato: si producono carri armati, dai Centauro agli Ariete, ai Freccia, ai Dardo, ai Puma.
Ed Exor, gestita da John Elkann, investe anche in Rolls Royce, ormai leader mondiale nella costruzione di motori per gli aerei militari, che con la solita Leonardo ha costituito una solida join venture per la creazione di caccia di ultima generazione all’interno del Global Combat Air Programme, un nome, come si suol dire, che è tutto un programma. E noi, tapini, che al nome Elkann associamo la 500 o la Panda!
Poi ci sono altre enigmatiche aziende nel businnes bellico, come quell’impresa romana che nei due anni 2021 – 2023, passa da un utile di 7 milioni a ben 32 milioni euro. Come avrà fatto? Ufficialmente risulta che abbia comprato proiettili di cannone vuoti dall’India, circa 125 mila. Ma dalla Relazione dell’Agenzia delle Dogane, si evince che nello stesso anno l’azienda avrebbe esportato solo 18.215 di questi proiettili, vendendoli a Slovacchia e Spagna. E gli altri proiettili? Non è dato da sapere.
La corsa alle armi, per i suoi inimmaginabili profitti, si avvia velocemente ad interessare anche i circuiti finanziari e bancari. Già il mitico fondo americano Black Rock si era interessato a Leonardo. Ecco cosa scrive il 23 settembre scorso il Sole24ore:
“Leonardo nel mirino di BlackRock”. La maggiore società di gestione di patrimoni del mondo, con circa 10mila miliardi di dollari in gestione, ha ottenuto l’autorizzazione del governo (sovranisti della domenica! ndr) a detenere una partecipazione superiore al 3% del capitale nel gruppo industriale della difesa e aerospazio. Leonardo ha beneficiato della favorevole congiuntura in Borsa negli ultimi due anni e mezzo, come moltissime aziende internazionali che producono armi, in seguito alla guerra Russia-Ucraina e alla generalizzata corsa al riarmo, in particolare in Europa. Infatti sono le aziende europee che in Borsa hanno avuto i rialzi maggiori.”
Più chiaro di così!

Dal sito master X – Iulm

E le tappe di questa sciagurata corsa al riarmo potrebbero continuare all’infinito, basta scorrere i tradizionali siti per la pace e il disarmo come milex.org, o le analisi de “l’altreconomia” oppure la recente inchiesta di Daniele Tempera sul quotidiano online Today. Addirittura su aresdifesa.it se ne fa motivo di grande vanto, aggiornando costantemente le mirabili evoluzioni del mercato bellico.
E’ una situazione che ricorda molto da vicino la forsennata corsa alle armi alla vigilia della prima guerra mondiale, dove bastò la scintilla di Sarajevo per incendiare il mondo intero.
Parlare di disarmo è ormai una bestemmia, un tabù. Diventerà ben presto un tabù anche parlare seriamente di pace?


Francesco Tropeano

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Carletto Romeo
Presentatore radiofonico e televisivo, attore tv, cinema, teatro. Blogger e webmaster "autodidatta". Scrittore... da sempre! Ma non l'ha mai detto "pubblicamente" a nessuno! E... Mi raccomando! Anche tu che stai leggendo, non lo fare!

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