“I primi due anni di governo di destra” di Gaetano Riggio

Un giudizio sincero da parte di Marcello Veneziani, un intellettuale di destra

Rubrica di “rilettura” dei giornali mainstream a cura di Gaetano Riggio


Un giudizio sincero da parte di Marcello Veneziani, un intellettuale di destra

Tirato per la giacchetta Marcello Veneziani, giornalista, filosofo, e intellettuale militante dell’area politico – culturale della destra, ma a un livello alto, che non può prescindere dalla passione filosofica per la verità e l’onestà, ha rilasciato un’intervista a “Il Fatto quotidiano”, in occasione dei due anni di governo Meloni, in cui, nel fare un primo bilancio, non riesce a fingere. Anzi, la stronca di netto:
“Ho detto no a Giorgia. Non sta scrivendo la storia: si è allineata.” E ancora: “Un governo continuista, suddito di atlantismi e di grandi poteri.” In un susseguirsi di variazioni musicali intorno al medesimo giudizio di fondo: “Diciamocelo: in politica estera è suddito dell’atlantismo americano, in politica interna cesella col temperino le misure sociali ed è sempre piuttosto ossequioso con i grandi poteri.” Fino al tono amaro: “Questo atlantismo così codino, questa voglia di allinearsi a tutti i costi. Devo essere io a ricordare che perfino Andreotti e Craxi, nei confronti di Israele e soprattutto della Palestina, hanno fatto e detto di più?”

Si può essere più chiari di così? Tra parentesi, Veneziani appare del tutto d’accordo con il giudizio indignato e nauseato di Alessandro Orsini, che nel suo ultimo video dimostra la futilità della farsa Meloni – Crosetto – Tajani, che mentre a parole minacciano Israele, nei fatti: 1. continuano a mandargli armi, 2. si oppongono alle indagini dei Tribunali Internazionali per crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani, 3. non hanno appoggiato nemmeno una sola deliberazione dell’Assemblea ONU per fermare il genocidio dei palestinesi e per il riconoscimento dei loro diritti.
Eppure, nell’articolo che ha scritto per il suo blog (22 ottobre 2024), Veneziani si pente in parte di quello che ha detto nell’intervista:
“Infatti quando raramente mi capita di cedere a un’intervista, come mi è capitato l’altro giorno con Il Fatto, poi mi pento.”
Egli sa infatti bene che la politica è l’arte del possibile, in cui può risultare impossibile mantenere anche soltanto in parte le promesse fatte in campagna elettorale: teatro in cui si muovono e recitano a loro agio coloro ambiscono a occupare gli spazi del potere per il potere, e non a realizzare ideali e programmi.
Ambito dunque difficile da frequentare per un intellettuale come Veneziani, che ha perciò preferito tenersi in disparte, ai margini e nell’isolamento, ma libero di pensare e di scrivere. Teme le strumentalizzazioni, e di farsi coinvolgere nelle beghe della politica italiana.
Nell’intervista, aveva comunque spiegato che non ha senso stare in politica, se non si mira al cambiamento vero:
“Le ho spiegato: se non cambiamo la realtà delle cose, almeno tentare di cambiare il volto dell’Italia, che senso avrebbe stare lì? La destra avrebbe dovuto dare il segno della propria tradizione, dei suoi valori. Non rifugiarsi in cantina, non chinare il capo davanti a chi domina la scena internazionale.” “Civiltà, tradizione, educazione, comunità: i quattro pilastri della destra”!

Ma la Meloni e la sua squadra, agiungiamo noi, non paiono provare alcun disagio, mentre disattendono i valori etici e culturali della destra, e il programma elettorale. Non paiono affatto manifestare i dubbi amletici di Veneziani, né pare gente che tira avanti con seropram e benzodiapezine!
Ecco perché il ripensamento di Veneziani non convince, anche se umanamente comprensibile, e risulta perfino contraddittorio.
La Meloni lavorerebbe bene e sodo, secondo questa autorettifica, ma sarebbe impedita a lavorare meglio da limiti insuperabili:
“In realtà sostengo che non può fare diversamente, non ha mezzi e ranghi per poter agire diversamente e non le sarebbe comunque consentito, la farebbero fuori in breve tempo”.
“Semmai si può aggiungere che non è la Meloni ma è la politica a essere ormai ‘na cosa piccola, e non da oggi, e a dover seguire il carro.”
“Che ci sia la Meloni o altri, cambia davvero poco. C’è chi si accontenta di quel poco, c’è chi invece grida al tradimento, e c’è chi dice: ma che vi aspettavate, visto il quadro generale, i rapporti di forza, le pressioni, le direttive, i limiti economici, le dipendenze internazionali? Io sono tra questi, e uso la prima persona non per mania di protagonismo – che non ho o non ho più da tempo – ma per non coinvolgere nel giudizio la linea del giornale su cui scrivo.”
Senza tirarla per le lunghe, si potrebbe dire che per fare politica ci vuole stomaco, e la Meloni ce l’ha.
Ma è chiaro che Veneziani delude, quando afferma: “non è la Meloni ma è la politica a essere ormai ‘na piccola cosa”. E che significa? Che fare politica è l’arte di assecondare quella piccola cosa che è appunto la politica, e magari ottenere prebende per amici e parenti, e fare pratica di inchini e lechinaggi?
Ma non è stato Veneziani stesso a indignarsi, perché questo governo è troppo “codino”, troppo “ossequioso” con i potenti nazionali e forestieri? Non è stato Veneziani stesso a dire che non ha senso stare lì a esercitare il potere per il potere?
Quando i filosofi si contraddicono, perché sono troppo umani!

Gaetano Riggio


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Carletto Romeo